Lettera aperta agli insegnanti

Del direttore di Confcooperative Ravenna Andrea Pazzi 

Gentile Professore,
tra qualche giorno le classi si riempiranno nuovamente di studenti e Lei si appresta a dar vita ad un nuovo anno scolastico fornendo nozioni, informazioni, contributi ma – penso – soprattutto metodo, stimoli e curiosità a tanti ragazzi, ai nostri figli. Ritengo, quindi, sia il tempo giusto per lanciare un appello: vorrei cogliere la sua attenzione, pur in poche righe, su alcuni aspetti di economia politica e sociale che a vario titolo e in varia misura entrano a far parte della trattazione di molte materie, da quelle scientifiche a quelle storico letterarie. In particolare quando Lei trasferisce agli studenti non solo semplici rudimenti ma stimola la formazione di valori e ideali che aiutano loro stessi a realizzarsi in primo luogo come persone.


Pur vivendo immersi in una società a forte impronta capitalista, vi sono almeno due modelli di fare impresa nel nostro Paese: le forme centrate sul capitale e sulla sua remunerazione (Spa, Srl, ecc…) e quelle basate sulle persone e sul soddisfacimento di un loro bisogno. Le cooperative, appunto.

L’impresa cooperativa è riconosciuta in primo luogo dalla Costituzione, che attribuisce importanza alla sua funzione sociale, quale strumento per l’emancipazione delle persone nella gestione di attività economiche: i cittadini possono aspirare alla propria emancipazione attraverso la buona gestione collettiva di attività di impresa. 

Tutto bene, quindi, se non che nella Scuola, praticamente fin dai primi cicli di studi, tutti i programmi sono orientati ad insegnare ai ragazzi, direttamente o indirettamente, che quando c’e di mezzo l’economia, si parla di capitali e di una società fondata su quest’unico modello di impresa. 

Vengono insegnate le teorie economiche che la sorreggono e la alimentano, dimenticando completamente – potrei provocatoriamente dire – gli indirizzi della nostra Costituzione, che rimangono in questo caso parole sulla carta, seppur costituzionale.

Continuiamo a dimenticarci che esiste un altro modo, altrettanto efficace, di fare impresa: la cooperativa. 

Un modello economicamente efficace ma, come dicevo poc’anzi, basato sulla persona e sul soddisfacimento di un proprio bisogno, insieme ad altri, e non sul mero capitale. Efficace perché produce reddito e lavoro. 

Questa “dimenticanza” trova la sua massima espressione nelle Scuole superiori di II° grado e all’Università dove, se va bene, il modello di impresa cooperativa e trattata in qualche ora di lezione o in un esame di pochi crediti o in qualche master sparso per la penisola. Bene, anzi male, mi vien da dire, male per tutti noi.

Lancio quindi un appello a Lei, gentile Professore: inserisca nei suoi programmi un approfondimento dei principi su cui si fonda una Cooperativa, del contributo che questi possono portare, e del modello cooperativo quale “altra” modalità per intraprendere.

Saranno poi i futuri imprenditori a scegliere la forma più giusta per il proprio progetto di impresa e per il proprio essere imprenditore socialmente responsabile e non un mero homo oeconomicus. 

E se lo riterrà utile, potrà contattare la nostra Associazione: siamo a sua disposizione per fornirle tutti gli strumenti utili affinché possa svolgere bene il suo lavoro.

Fare questo, come Lei ben sa, significa allargare l’orizzonte, aprire la mente ai ragazzi e aiutarli a comprendere che fare impresa è interessante, che si può fare impresa insieme ad altri anche con limitate risorse personali ma buone idee. 

Fare questo ritengo possa contribuire a far crescere una società pluralista, più equilibrata, solidale, giusta, e un Paese migliore.

RingraziandoLa per l’attenzione prestata, cordialmente La saluto.

Andrea Pazzi, direttore Confcooperative Ravenna. 

pazzi.a@confcooperative.it

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