Problemi a Imola per le Primarie del Pd



Secondo un nutrito numero di dirigenti e iscritti il numero di firme che verrebbe richiesto, il 5 per cento degli iscitti, per partecipare alla gara per il consiglio regionale alle prossime elezioni resesi necessarie per la condanna di Vasco Errani, sarebbe davvero eccessivo.


I circa cinquanta firmatari di un documento “di protesta” sottolineano come per partecipare alla gara per la carica di Governatore sia necessario solo il 3 per cento di firme di iscritti e preannunciano quindi che se la percentuale non verrà portata appunto al 3 per cento non parteciperanno a “Primarie-farsa”.

Un tema scottante questo, che ancora una volta evidenzia come non si sia ancora del tutto affermata nel PD, la cultura dell’apertura, della partecipazione, aperta a tutti gli elettori, dando completamente a loro, proprietari del partito, il potere di scegliere, di decidere.


Del resto, come ben sappiamo, esistono ancora, a tutt’oggi, casi in cui le Primarie si ritengono addirittura non necessarie!?

E del resto così è ancora anche in questi giorni, dal momento che da noi solo il comitato per Richetti presidente, non a caso “renziani puri”, chiedono le Primarie per la scelta dei candidati al consiglio regionale che appunto ai confini, a Imola, si faranno: della serie sbagliare è umano…..

Facile immaginare che arriveranno invece, quando al popolo degli elettori sarà dato conoscerli, nomi di soliti noti calati dall’alto così com’è stato per il Sindaco; in questo caso essendo più di uno, “equamente” distribuiti tra i vari territori e tra quelle “varie correnti” che è utopia dire non esistano più.

C’è da invidiarli gli imolesi che almeno sul tema posso litigare, a noi elettori romandioli è dato invece tacere.

E non si dica che sia diverso tra avere forse un solo eletto o averne forse più di uno, con la possibilità quindi di usare le preferenze. 


La scelta dei candidati è politicamente ben altro potere che non quello di esprimere preferenze tra nomi scelti da altri. E’ la differenza che c’è tra un questionario aperto e uno “chiuso”.

Arrigo Antonellini 

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