Attenzione al voto finale a Bagnacavallo

Seri danni per l’economia del territorio
di Gianfranco Spadoni



La parola definitiva sulle sorti della zona Naviglio di Bagnacavallo sarà espressa dal consiglio del Comune interessato fra pochi giorni.
Ma la pausa di riflessione intercorsa fra l’approvazione della variante da parte della Provincia e l’iscrizione ai lavori del consiglio avvenuta per la seconda volta, non deve abbindolare gli eletti con spergiuranti generici impegni della giunta poiché con quel voto consiliare, oltre alla certezza di un nuovo supermercato potrebbero aprire le porte a ulteriori insediamenti.


Siccome si presume un voto favorevole del Consiglio anche a denti stretti e con qualche mal di pancia, serve, più che mai un documento molto chiaro e soprattutto cogente per evitare altre sgradite sorprese.

Nel merito va ricordato come prima di tale atto, nella zona Naviglio gli strumenti di programmazione urbanistica prevedevano l’esclusione delle attività commerciali di tipo alimentare con superfici di vendita superiori ai 250 mq, ma, come noto, seguendo alcuni principi derivati dalla discutibile direttiva Bolkenstein, l’amministrazione provinciale con il proprio voto, di fatto ha valorizzato tale area autorizzando una superficie di vendita maggiore, cioè pari a mq 1.500 su un’ area produttiva e commerciale di complessivi 17.000 mq.

Di fronte ad una scelta così grave come quella compiuta dalla Provincia e d’ imminente approvazione da parte del Consiglio di Bagnacavallo, occorrerebbe riflettere cominciando dall’attuale saturazione del settore alimentare nella realtà di Bagnacavallo così abbondantemente coperto dall’esistente, ma allo stesso tempo ponendo lo sguardo sugli insediamenti presenti sul territorio.


A tal proposito giova ricordare ancora una volta, come grosse attività commerciali insistano alle porte di Bagnacavallo, a cominciare, ad esempio, dal Mercatone di Russi, dal Globo di Lugo, dalle Maioliche di Faenza, dall’Iper – Esp di Ravenna (a breve raddoppiato come dimensioni), i vari Outlet, centri commerciali e altre grandi superfici di vendita al dettaglio, alcune delle quali, peraltro, in grave sofferenza. Perché dunque, insistere in questo modo quando addirittura il Piano particolareggiato produttivo d’iniziativa pubblica “Naviglio”, all’art. 2 prevedeva esplicitamente l’esclusione delle attività commerciali di tipo alimentare che superano i 250 mq di superficie di vendita in quella zona?

La sensazione è che si stia facendo un abito su misura non certamente a vantaggio dei residenti, ma evidentemente a discapito del settore commerciale.

Gianfranco Spadoni
consigliere provinciale Udc

Ultime Notizie

Rubriche