Lontano dalle fatiche delle spiagge. Riscoprire l’Appennino, grazie alla ferrovia Faentina

Il turismo slow (e anche low) può viaggiare in treno (ma è un trenino, anzi il Minuetto della graziosissima Ferrovia Faentina) e scoprire, a pochi passi dalle stazioni, borghi ricchi di storia e prodotti tipici, scorci di grande armonia, sasso, vegetazione, ginestre fiorite, fonti, guadi e cascate attorno cui fioriscono nomi e leggende.


Così a Crespino del Lamone un tour promosso dal locale Circolo ACLI ha portato un gruppo di valorosi a scalare sentieri e boschi fino alla borgata di Casaglia; poi al pranzo nel B&B La Ginestra, accanto alla Pieve vallombrosana del 12° secolo, dove salumi (cervo, daino e capriolo) dolci (zuppa inglese e crostata di more) e profumati liquori tipici (in particolare) hanno suscitato applauso. 

E poi giù (anzi su) per qualche centinaia di metri ad immergersi nella suggestione delle acque (con tentazione di immergersi per davvero nelle fresche acque) del nascente Lamone. 

Un guado su pietre, pozze d’acqua chiara, una cascata delle Streghe di cui si dice che nasconda un antro, da cui si osserva l’acqua scorrere giù, ma dall’altra parte, come se fosse una parete. 

E le fonti d’acqua buona che la piccola borgata vanta, quella ‘dei Sette’ (sotto uno degli ardimentosi e armonici ponti che tanta leggiadrìa architettonica riportano dal periodo liberty in cui l’opera è stata realizzata) e soprattutto quella del Re, Vittorio Emanuele III, per la quale (regal) sete il treno (che scorre proprio qui sopra) fu fermato. 

Una bevuta da re, il pieno alla borraccia, e una sosta freschissima sulle pietre del fiume fanno apprezzare le felci, le fragoline di bosco, presto le more e poi i funghi, sagra del cinghiale, in attesa della regina castagna. 

Sulla strada scorrono motociclisti che si godono i tornanti, e passano sotto massicciate trattenute da reti e dalle radici della vegetazione, ginestre adesso profumatissime, garofanini color porpora, iris violette (che poi sarebbe il vero giglio fiorentino), e anche, qua e là, pianticelle di finocchietto selvatico.

E a ben cercare c’è anche il crespino, l’arbusto spinoso che dà il nome botanico alla località. 


Le architetture abbondano di pietra, su cui scorci, vicoli, balconcini, lampioni di ferro e il rosso dei gerani sono viste da ammorbidire il cuore.

Arrigo Antonellini, ospite e organizzatore, descrive la bellezza del luogo d’inverno, quando aprendo le finestre si sente ‘il profumo della neve fresca’ sul sottofondo più ovattato del ricorrersi delle acque del (qui ancora vivace e saltellante ragazzino) Lamone

Una stazioncina deserta in cui il biglietto si fa ancora sul treno e dove, aspettando pigramente, si vede sostare verso le 18.30 un treno che proviene da Rimini e porta a Firenze; e chissà quanti turisti sanno che c’è questo percorso, alternativa fresca e rigenerante alle fatiche delle spiagge, che porta dalla capitale del divertimento al cuore della capitale d’arte.

Tutti gli automobilisti conoscono la Fontana delle Fabbre con l’ampio spiazzo d’ombra e il punto di ristoro, a pochi passi dalla stazioncina, e poco oltre una centrale elettrica che sfrutta la grande cascata di Valbura

I luoghi offrono uno sport sano che richiede soltanto scarponcini e un po’ di costanza, e premia con i panorami, le fonti, i profumi e i prodotti tipici, i freschi 600 metri d’altezza, la sensazione di quiete semplice e rigenerante. 


Una volta ad ogni estate (almeno) bisogna andarci, per non dimenticare che c’è.



Valeria Giordani

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