Il Papa comunista

di Guido Tampieri


Bisogna essere buoni, senza secondi fini,
per ragioni immediate e ovvie,
perché qualcuno ha fame
o perché qualcuno sta piangendo .
Iris Murdoch
É ancora lì che si aggira per l’Europa.
É il fantasma del comunismo.
Tenuto in vita, se così si può dire, non dai suoi stremati sostenitori ma da suoi paranoici evocatori.
Devono
reputarlo ancora vispo se un Papa, ogniqualvolta parla di giustizia, di
dignità , di misericordia o di ambiente é costretto a precisare che la
sollecitudine che manifesta verso gli uomini e il creato non promana dal
manifesto di Marx ma dai Vangeli degli Apostoli.
Che a lodare
il Signore per i doni che ci ha fatto, confidando magari che non li
trasformassimo in una indifferenziata discarica planetaria, era il Santo
da cui Francesco ha preso il nome e l’ispirazione per una Enciclica
mirabile e un pontificato rigeneratore.
La colpa di Francesco é
quella che rinfacciano al Nazareno gli scribi e i farisei, quella che
rimprovera a Cristo nuovamente incarcerato il Grande Inquisitore di
 Dostoevskij: di portare ” un’immagine dell’uomo”, per dirla con le
parole di Padre Bianchi ” che sembra una minaccia per i dominatori di
questo mondo”.
La trincea dogmatica dei suoi critici è che le cose non possono, non devono cambiare.
Ogni alterazione degli equilibri esistenti diventa una minaccia all’ordine costituito, il preludio al caos.
Ogni limitazione allo sfruttamento indiscriminato degli uomini e della natura un attentato alla libertà.
Ogni
tentativo di rischiarare con la fiaccola della prudenza il tortuoso
sentiero di un futuro incognito, un regressivo oscurantismo
antiscientifico, un attentato alla razionalità.
Intanto, dietro il paravento ideologico, i ricchi arricchiscono mentre i poveri impoveriscono. Sempre più.
Fino a rendere le diseguaglianze oscene.
Nessuno, ha scritto Galbraith, possiede un senso della giustizia spiccato come i ricchi.
Che,
per non perdere i privilegi, aizzano i cani da guardia ad aggredire
chiunque affacci l’idea di rendere questo mondo un po’ più giusto e
pulito.
Fosse anche un Papa che parla d’amore per il prossimo e per la terra.
E che sull’esigenza di imbrigliare la bestia dell’egoismo  riprende temi già cari al più anticomunista dei Pontefici.
“Contenere
la selvaticità degli interessi” era, per Giovanni Paolo II, la prima
delle esigenze dopo il crollo dei regimi dell’est.
Per uno dei tanti paradossi della storia la crisi che gli spiriti animali del capitalismo hanno generato, li ha ri-generati.
Di metter loro degli argini, ad eccezione di un Papa venuto da un altro mondo, non si parla più.
La parola d’ordine , dietro il lasciapassare dello sviluppo, del lavoro e della sicurezza è :  mani libere.
Come
quelle che reclama Salvini, così da annullare il confine fra la durezza
che a volte richiede il mantenimento dell’ordine pubblico e il sopruso.
Come
quelle di chi devasta l’ecosistema malese per fare olio di palma, che
non vuol dire che non mangiamo più Nutella, ma che qualche spiegazione
ad Achille dovrò pur darla.
Come quelle che pretende la Whirlpool, l’Alcoa, qualsiasi piattaforma di sfruttamento planetario delle risorse e delle persone.
25
anni dopo la caduta del muro, il trionfo dell’ideologia liberista, meno
Stato e più mercato, il lavoro a buon mercato e la fine della storia,
la vita delle persone, in Italia e non solo, é peggiore di prima.
Lo sviluppo é fermo,il welfare scaduto, i giovani spaesati, le loro pensioni scomparse, come il ceto medio.
Chi evadeva le tasse lo fa ancora, con accresciuta professionalità.
Aumentano, in compenso, gli introiti delle lotterie.
L’idea di giustizia sociale ha ceduto il campo.
Anche come semplice aspirazione.
La disuguaglianza é diventata un valore.
E Kyoto una lontana città giapponese.
Non so bene cosa ci riserva il futuro, né se potesse essere altrimenti.
Io non ho ricette.
Ma credo di sapere che non sono quelle di questi anni.
Che qualcosa bisognerà correggere.
Oltre la legge elettorale, ai campi rom, allo stipendio dei parlamentari .
In
questi tempi di menzogna e di autoinganno universale dire la verità o
anche solo cercarla è il principio fondativo di un cambiamento
possibile.
Per questo l’esortazione a” unirsi per farsi carico della casa che ci è stata affidata” irrita e sgomenta i reazionari.
Con parole semplici Francesco dice cose importanti.
Adesso il problema è nostro.
” Fate attenzione a quello che ascoltate” scrive Marco, ( 4,24) e ” a come ascoltate” sottolinea Luca ( 8,18).
” Ascoltate tutti e comprenderete”.
Sembra facile.
Ma non sempre ne siamo capaci.
L’assassino é il maggiordomo 
Potrebbe accadere presto.
Come con Monti.
Grandi aspettative, un affidamento autentico, acritico a tratti.
Poi,
prima che l’azione di governo sia compiuta, che si possa valutarne i
risultati, l’impazienza, la delusione, la rabbia, il risentimento.
Per essersi e per essere stati illusi.
Di
arrestare in un amen il declino, di far nascere imprese competitive, di
dar lavoro ai giovani, di dimezzare le tasse, di resuscitare i morti e
di moltiplicare pani e pesci.
Il Paese sembra pronto per una nuova avventura .
Foschi personaggi.
Rutilanti promesse.
 La democrazia dell’illusione.
Ci vuole rispetto per la disperazione.
Meno per la stupidità, che quasi sempre conduce alla rovina.
Può essere peggio.
Ma non c’è più spazio per sbagliare.
Tante colpe dei politici, certo, vecchi e nuovi.
Ma forse la causa prima dei problemi di questo benedetto Paese é quella rifiutata, la più banale.
L’assassino é il maggiordomo.
L’assassino siamo noi.
Siamo ancora in tempo a cambiare il finale.
Il salsicciaio ateniese
Nel
dopoguerra i braccianti di Ravenna non stavano meglio dei cittadini
greci in crisi per le speculazioni della finanza internazionale e per la
loro connivenza con governi dissennati di ogni genere.
Ciò non di meno, anziché occuparle, comprarono, con enormi sacrifici, le terre da cui traevano sostentamento.
Onorando il debito fino in fondo.
L’indicazione, si dice, venne da Togliatti.
Era un tempo in cui la sinistra, tra errori e contraddizioni a volte tragiche, aveva ancora dei principi.
Che Tzipras ha svenduto come le salsicce del personaggio di Aristofane.
Probabilità 
C’è una probabilità su 40.000 che un meteorite nel nel 2031 distrugga la vita sulla terra.
Una su 266 milioni di fare 6 al Superenalotto .
Una su 7 miliardi che la terapia di Grillo non ci uccida.

Guido Tampieri Libero Pensatore

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