
Riceviamo da Roberto Drei e pubblichiamo
I notiziari andati in onda lunedì 13 luglio, ci hanno informato del raggiunto accordo fra la Grecia e la Ue; accordo sottoscritto a tarda notte, dopo 17 ore di discussione e confronto con toni accesi, durante le quali, in più di una occasione, si è temuto che tutto andasse a carte quarantotto.
Le Borse europee hanno già reagito positivamente alla notizia dell’intesa e, personalmente, ritengo che abbiano avuto la meglio gli sforzi di coloro che si sono adoperati per trovare una soluzione che permettesse, a determinate condizioni, di tenere la Grecia dentro la Ue e di erogare nuovi aiuti al popolo ellenico.
Il partito dei falchi ha dovuto effettuare qualche concessione, ma anche le colombe hanno dovuto prendere atto che vi sono dei limiti oltre i quali non si può andare, pena la perdita della credibilità sul piano internazionale.
Se osserviamo ciò che è successo ed i termini dell’accordo raggiunto, emerge in modo chiaro e netto che il referendum, voluto da Tsipras, non ha sortito l’effetto che i suoi promotori si attendevano.
Le condizioni poste dalla Ue alla Grecia per ottenere i nuovi prestiti e che il parlamento greco dovrà a sua volta ratificare, entro la giornata di mercoledì 15 luglio, sono più impegnative di quelle che il Governo greco aveva rifiutato di onorare in presenza della scadenza per il rimborso di una tranche del debito, scegliendo di dare la parola al popolo con il referendum.
Alcune riforme interne riguardanti l’Iva, l’età pensionabile ed altri temi del lavoro, dovranno essere state deliberate, dal parlamento greco, insieme alla ratifica dell’accordo raggiunto.
La credibilità del premier greco e del suo esecutivo è crollata e, probabilmente, servirà un rimpasto di Governo; gli stessi cittadini greci, intervistati, hanno fatto capire che il boccone è amaro da ingoiare, ma per rimanere in Europa e per avere i trasferimenti necessari al terzo salvataggio, occorre mandarlo giù.
La lezione è chiara: con la demagogia ed il populismo si può galleggiare, ma solo per poco tempo, perché poi i nodi vengono al pettine.
La partita con la Grecia non è affatto terminata; c’è da augurarsi che ciò che è successo con la Grecia possa rappresentare un segnale da cogliere nella costruzione di una Ue più salda e disponibile a darsi quelle regole per una convivenza comune dei 28 paesi aderenti che oggi ancora mancano.
Gli Stati Uniti d’Europa sono l’unica soluzione percorribile in una competizione politico-economico-finanziaria che si svolge su scala planetaria e, in questo scenario, non vi è posto né per il piccolo è bello, né per soluzioni autarchiche.
Roberto Drei