Nel 1951 si costruì il carcere mandamentale.
Evidentemente a Lugo c’era bisogno di un penitenziario che ospitasse pregiudicati da trasferire poi a Ravenna in un carcere più sicuro.
Non bastavano più le piccole e maleodoranti celle del torrione della Rocca a detenere i pochi malfattori che commettevano reati minori nella nostra città.
Fu divertente leggere su La Vedetta di alcuni anni dopo la vicenda che vide coinvolti un detenuto e il custode delle carceri a cui era sfuggito e su cui pendeva la minaccia di un’azione penale. Il prigioniero era evaso con grande disappunto dell’amministrazione carceraria e nessuno sapeva dove potesse trovarsi. Non appena avvenuto il fatto il custode di nome De Luca aveva cominciato una paziente opera di ricerca, ricorrendo ai più elaborati mezzi di investigazione.
Più volte era parso sul punto di agguantare il fuggiasco ma sempre il malandrino gli sfuggiva di mano all’ultimo momento “proprio come nei romanzi gialli”. Infine quando mancavano sei giorni dallo scadere del termine oltre il quale ci sarebbero state gravi conseguenze il cacciatore riuscì a catturare la preda nel ferrarese.
Diversi anni dopo i pericoli pubblici di Lugo non meritarono più la necessità di un carcere e il Comune lo adattò a case popolari. Fu interessante l’interrogazione che gli onorevoli romagnoli Giadresco e Flamigni rivolsero al ministro di Grazia e Giustizia Gonella il 25 Maggio 1973. Essi chiesero al ministro se corrispondesse al vero l’intenzione del governo di riaprire il carcere, che non offriva “alcuna garanzia per la detenzione stessa (come dimostrano recenti evasioni)”, dopo che il consiglio comunale di Lugo aveva deciso la definitiva chiusura il 12 Febbraio 1973.
Il ministro Gonella rispose assicurando gli interrogandi sulla piena determinazione ministeriale di soppressione del carcere. La città aveva invece problemi di sicurezza stradale e vennero fatti decisivi cambiamenti a cominciare dai semafori. Il 3 Giugno del 1950 essi vennero collocati in varie zone della città. Qui siamo a Porta Mazzini e in piazza.
Tuttavia il traffico cominciava ad aumentare e gli incidenti si facevano più numerosi.
Il fotografo veniva chiamato per fissare l’evento e chiarire le responsabilità. In ogni caso era garantito un certo numero di spettatori che addirittura sorridevano di fronte alla macchina fotografica. L’uomo con la scala sulla destra era un collega che avrebbe ripreso la scena dall’alto.
Una caratteristica curiosa era la costante presenza di una Topolino nei drammatici eventi.
Alla Vedetta erano preoccupati perché i catarifrangenti applicati al monumento di Baracca per rendere più evidenti gli “spigoli” non erano sufficienti. Occorreva un senso unico attorno al monumento. “V’è una tale giostra che nessuno vi capisce mai nulla.”
Qui gli esiti sembrano molto seri e i curiosi aspettano l’arrivo dell’ambulanza per caricare la probabile salma. Siamo all’incrocio fra Via Canaletta e Viale De’ Brozzi, all’angolo del cimitero.
La dotazione di automezzi della Croce Rossa si componeva di quattro ambulanze che avevano il compito istituzionale di trasporto pazienti all’ospedale e di pronto soccorso in caso di incidenti stradali.