I guaritori

Riceviamo da Guido Tampieri e pubblichiamo

Ho pietà di te, verità, perché sei morta prima di me.
Palamede

“Io non ho paura del fiume – mi ha detto in occasione di una piena il mio amico Spigaroli, che produce sulle rive del Po i salumi più buoni del mondo – lo conosco, so cosa fare per difendermi.

Ho paura di chi ci vuole salvare”.

Faremmo bene a tenere nella dovuta considerazione questo distillato di antica saggezza contadina.

Accade talora che il contrasto al Male, vero o presunto, non conduca necessariamente al Bene.

Che generi addirittura un male più grande.

Tanto più che bene e male passano al filtro di convenzioni, pregiudizi e ideologie che ne alterano i contorni.

É così che la sacrosanta lotta al capitalismo sfrenato delle origini ha generato la piaga del comunismo reale.

Mentre il crollo del muro che ne ha sancito la fine ha ridato vigore al liberismo selvaggio che sta travolgendo gli argini sociali costruiti nel secolo scorso.

“Ciò che importa – ammoniva all’inizio degli anni novanta Giovanni Paolo II, lo sterminatore di comunismi- è che l’uomo abbia priorità sull’economia e sul mercato e che la concorrenza legittima non soffochi la solidarietà; occorre che l’accumulazione di ricchezza personale consenta di ridurre le disuguaglianze invece di contribuire ad aggravarle, che l’essere umano non venga mai umiliato, che l’uomo prenda coscienza della sua dignità….”

Nessuna persona di sinistra potrebbe dirlo meglio.

In questi trent’anni l’ideologia dell’utilitarismo ha sancito il diritto dei forti a prevalere sui deboli.

Ai poveri e ai mansueti è rimasto solo il conforto delle Beatitudini evangeliche.

Qui é la radice dei problemi, che ha dato la piega, per così dire, alla globalizzazione.

Prendersela col mondo aperto senza affrontare questo nodo culturale e politico ci farà smarrire ancor più nel labirinto di senso nel quale stiamo vagando.

Per uno dei tanti paradossi della storia la globalizzazione, che altro non é che un prodotto dell’occidentalizzazione del mondo che avrebbe dovuto perpetuarne l’egemonia e moltiplicarne la ricchezza, si é volta nel suo contrario e sta impoverendo e destabilizzando le nostre società.

Detto in termini rozzi, è la biscia che si rivolta al ciarlatano.

Forse per questo siamo tanto arrabbiati.

E vogliamo chiudere, chiudere.

Quando prima volevamo aprire tutto.

Per portare fuori le nostre merci.

Non per importare quelle degli altri.

Una strana idea di giustizia planetaria.

Leonina.

Le bevute, nella storia, non sono mai andate alla pari.

C’è un vizio di prospettiva nel nostro sguardo sulle cose: diciamo mondo e pensiamo Occidente, diciamo umanità e pensiamo noi.

Ma come scrive Ungaretti “Non siamo soli a questo mondo”.

In un’ottica redistribuiva la domanda di protezione delle nostre società ha margini di accoglimento ampi sul piano interno ma definitivamente ridimensionati su quello internazionale.

L’assalto alla reggia di Venaria, scambiata forse per il Palazzo d’inverno, non cambierà le cose.

Questa é, dunque, la trascurabile portata del problema.

Si tratta “solo” di rimettere il dentifricio della giustizia dentro il tubetto della globalizzazione.

Con una avvertenza: coniugare libertà, equità, sostenibilità e benessere per nove miliardi di persone in società de-globalizzate, se mai fosse possibile, rifluite entro sistemi economico sociali sovranisti, potrebbe rivelarsi impresa ancor più ardua.

Chi si propone di migliorare lo Stato del mondo farebbe bene a conoscere la causa delle cose e a misurare su di essa i rimedi.

Con giudizio.

Perché questa é una di quelle situazioni in cui più ti agiti più rischi di andare a fondo.

La responsabilità di quello che è accaduto è della destra.

Non é giusto dire che la sinistra non ci ha provato.

Ci ha provato e non é riuscita nell’intento.

La vecchia sinistra é rimasta troppo indietro, mettendosi ai margini dei processi da sola.

Quella nuova si è spinta forse troppo avanti, cercando si stare al centro della corrente, per dare un volto umano al mondo che stava nascendo.

Ma Clinton non può essere omologato a Reagan se non offendendo la storia.

Non mi sento di dire che quel tentativo non andasse fatto.

Anche perché non so dire cosa andava fatto in quel passaggio sovversivo di tutti gli equilibri.

Il capitale ha seguito i suoi istinti peggiori, la finanza ha guardato solo al suo interesse, ma è la società, prima ancora che la politica, che ha creduto di salutare l’alba di un giorno migliore.

Ai tempi di Gramsci si chiamava egemonia.

“Scopriranno per presto, disse nella circostanza Galbraith, che quello di Friedrich von Hayek, il teorico del liberismo, non è il migliore dei mondi possibili”.

L’abbiamo capito più tardi.

Tutto quello che vediamo sfilacciarsi davanti ai nostri occhi attoniti, il cupio dissolvi dell’Europa, l’implosione della Spagna, l’isteria identitaria, la patologia del rancore che pervade le nostre comunità, viene da qui.

Rimettere ordine sarà difficile.

Non esiste una globalizzazione facile.

Abbiamo il dovere morale, costi quel che costi, di essere onesti, di rappresentare la complessità, di non ridurla a caricatura.

Già così l’impegno é sovrumano, senonché a complicarlo del tutto, c’è uno straordinario fiorire di guaritori che, come in altri momenti di confusione della storia, dicono di possedere l’unto per tutti i mali.

Politici, opinionisti, filosofi, di sinistra, di destra, di niente, tutti in missione per conto di Dio, senza un dubbio, un’esitazione.

E tu sei lì, senza alcuna soluzione immediata ai problemi del mondo da proporre, lì, coi tuoi tormenti, con l’idea che ogni teoria é fallibile, con un senso di inadeguatezza, un bisogno di confrontarti, di capire, e ti senti come una particella di sodio nell’acqua Lete: c’è qualcuno? Con cui si possa ancora ragionare, celebrare quello strano rito per cui parli, ascolti, sbagli e provi la volta dopo, a sbagliare meno.

Spigaroli i suoi culatelli è riuscito a metterli al riparo.

Ma noi? Chi ci salverà? Dai salvatori dell’umanità.

Che tolgono i peccati del mondo.

Sdraiati su divani e sofà.


Guido Tampieri

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