L’ultimo platano 

Tratto da: “Gli occhi di Baracca”: Lugo nelle foto di Paolo Guerra dal ’46 al ’59 
di Giacomo Casadio

Nel 1948 l’amministrazione comunale decise di estirpare tutti i platani che erano cresciuti maestosi ma anche dannosi e forse pericolosi in Viale Orsini, quello della Stazione ferroviaria.

Varie ricerche portano a dire che il traffico e i lavori di asfaltatura rovinano spesso le radici e anche una ferita leggera può finire, col tempo, per compromettere la stabilità di una pianta. Inoltre la capitozzatura delle chiome in modo radicale, come avviene nelle nostre città, finisce per indebolire gli alberi. Senza la protezione della chioma i funghi possono attaccare più facilmente il fusto divorandolo dall’interno e generando quindi le cavità che si vedono nei platani.


Da questa foto di una gara motociclistica del 1947 si vede bene la drastica potatura dei platani di cui parliamo e che forse non andava fatta in modo così radicale.

Qui siamo invece a un anno dopo e la decisione di eliminare gli alberi è stata presa. Sono stati messi a dimora dei lecci sul lato destro, quello dell’Ospizio Sassoli, mentre si lavora ancora su quello sinistro.

Muti osservatori della scena sono i vecchietti dell’ospizio, avvolti nella capparella, che vedono andarsene per sempre un pezzo della loro storia e memoria.

Gli operai stanno tagliando gli ultimi rami del primo albero della strada, quello all’angolo con Via Baracca. Era il luogo preferito da Paolo Guerra che lo aveva trasformato in uno studio all’aria aperta quando abitava ancora lì vicino.

Siamo all’epilogo. Il grande platano è ormai condannato a morte e gli operai si fanno fotografare come un plotone d’esecuzione prima di sparare. Lo scavo è ampio e le radici enormi, ma dopo qualche ora di lavoro sarà tutto finito e il tronco nodoso non ci sarà più.

L’anno dopo il viale apparirà così, più elegante, più arioso, più illuminato dalla luce, ma molto meno maestoso. Sarà un grande viale cittadino importante da percorrere lungo i marciapiedi riservati ai pedoni, come dice il cartello, ma perderà il fascino del precedente, che invece sarà conservato interamente in Viale Masi di fronte all’Ospedale.

Scene come questa saranno perse per sempre, ma così va il mondo. Amen.

Giacomo Casadio

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