
“E’ molto difficile per me parlare di Sergio Marchionne, che con Gianluigi Gabetti è stato il mio migliore amico di una vita”: inizia così la lettera dell’avv. Franco Grande Stevens, una vita al fianco della Famiglia Agnelli e — anche per me che sono nato e cresciuto in casa di un Concessionario FIAT della vecchia guardia — un nome ed un esempio anche per la mia odierna vita professionale.
Sembra dunque, dalle rivelazioni contenute nella lettera dell’avvocato di famiglia, che la malattia che ha colpito il manager capace in una quindicina d’anni di condurre FIAT fuori dalle secche di un probabile irreversibile default riguardi i suoi polmoni, aggrediti da un brutto male. “Marchionne — chiosa il suo amico Grande Stevens — ha lasciato la guida di una Società che ha raggiunto l’incredibile risultato dell’azzeramento del debito e l’avvio di una vita di successi”.
Ma ciò che colpisce nel racconto dell’estensore della lettera – che ci ha forse rivelato la verità sulla rapida uscita di scena di Marchionne (e che spiegherebbe l’immediato riparo cui sono corsi i vertici del Gruppo per evitare un ineludibile crollo in Borsa del titolo) — è che quando conobbe Marchionne, citandogli per caso un filosofo, si accorse che conosceva benissimo la filosofia, a cominciare da Voltaire e Machiavelli.
E mostrava “senso della disciplina” e consapevolezza dell’importanza della cultura: la prima gli veniva dall’infanzia, che fu difficile. Da ragazzino, infatti, dopo la scomparsa del padre maresciallo dei carabinieri, con la mamma emigrò da Chieti negli Abruzzi a Toronto in Canada, presso una zia che commerciava in dettaglio ortofrutticoli. Ma nelle difficoltà Marchionne — ricorda l’amico avvocato — imparò il rigore e soprattutto comprese il binomio disciplina-cultura, che è stata poi la chiave del suo successo.
Anch’io, che non l’ho conosciuto, ma che l’ho seguito in questi anni con grande passione — quella stessa che naturalmente mi lega al mondo dell’auto — prego per Sergio Marchionne e mi affido alla instancabile serietà con cui, come ricordano i suoi stretti collaboratori, ogni sera rammentava di portare a casa anche un solo piccolo miglioramento nella propria capacità lavorativa, così da tornare al lavoro il giorno dopo con un nuovo obiettivo di crescita e di miglioramento.
Giovanni Borgna
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Studio Borgna Milano