Incertezza e confusione sul futuro delle Province

Il 31 ottobre si rinnova il Consiglio Provinciale
di Gianfranco Spadoni

Confusione, incertezza, dilettantismo e improvvisazione hanno accompagnato il percorso delle province di questi ultimi anni.



Abbiamo assistito alla proposta, di fatto naufragata, dell’abolizione di questi enti con 150 anni di storia, seguita poi dal generico e incompiuto provvedimento del ministro Del Rio che ha portato gli enti ad una situazione si sopravvivenza per la scarsità di fondi per garantire i servizi, sino ad arrivare a questo governo che per voce di un suo esponente della Lega, il sottosegretario Giorgetti, propone di ritornare all’elezione diretta dei presidenti di provincia sulla base della legittimità democratica. 

Insomma tutto e il contrario di tutto! Stando alla situazione attuale che fa seguito all’approvazione della Legge regionale n. 13 del 2015 riguardante i ‘ principi per il riordino delle funzioni amministrative, la definizione del nuovo ruolo istituzionale dei soggetti del governo territoriale e il governo delle aree vaste ‘ doveva prendere avvio un percorso di costituzione di una nuova provincia unica. 

Nella filosofia di fondo della citata legge regionale emergeva un chiaro invito a condividere una proposta di riforma che partisse, appunto, dai territori. Tant’è che lo stesso sindaco di Cesena Paolo Lucchi per “superare l’immobilismo” indicava la strada per realizzare un’ integrazione effettiva o un processo di fusione fra le varie province romagnole, consapevole della necessità di avere una prospettiva chiara e un progetto innovativo in netta discontinuità con le attuali impostazioni radicate irrimediabilmente nelle esistenti amministrazioni provinciali. 

Non si trattava, infatti, di unire semplicemente le varie realtà provinciali per realizzarne una di natura pachidermica e con possibili rischi di appesantire da subito la nuova macchina pubblica, ma di realizzare un progetto snello e innovativo. Il rischio maggiore, infatti, era quello di portare come dote il forte carico di burocrazia in un ambiente statico non in grado di assicurare compatibilità con i ritmi operativi dell’economia. Un modello, insomma, aperto al nuovo e in grado di fare dell’integrazione e della sinergia fra i vari enti il proprio cavallo di battaglia, con l’obiettivo non marginale di razionalizzare i costi e di tagliare le spese improduttive.

In altre parole l’ente pachidermico provinciale è rimasto tale nella forma ma gestisce un limitato ventaglio di funzioni che in altro modo potevano essere ripartite fra i Comuni e la Regione. Tralasciando la gestione tecnica e amministrativa ordinaria in capo all’ente, occorre non accantonare l’obiettivo per il prossimo biennio, trovando un po’ più di coraggio per una sperimentazione in grado di comprendere i territori della Romagna. Speriamo, dunque, che gli eletti nel rinnovo del 31 ottobre considerino tale ipotesi per realizzare un nuovo ente intermedio al servizio dei comuni e interlocutore forte della Regione.

Gianfranco Spadoni
Consigliere Civici Provincia di Ravenna

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