
Camere di Commercio
È documentabile che a Ravenna il sottoscritto ha fatto a tutt’oggi da grillo politico parlante sull’assurda fusione della Camera di commercio di Ravenna con quella di Ferrara: decisione solo apparentemente non condizionata dalla maggioranza di governo della Regione e delle due Province interessate, che contrasta con la linea consolidata di perseguire l’unione delle tre province romagnole di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini.
La Camera di Ravenna avrebbe dovuto seguire la strada già tracciata, ad esempio con la sanità e i trasporti pubblic, di costituire un’Area vasta della Romagna, capace – ben diversamente dall’unione con Ferrara – di raggruppare territori omogenei dal punto di vista storico, culturale e socio-economico. Il matrimonio con Ferrara, avviato nel 2015, stipulato nel gennaio 2017, non si è però consumato, causa veti e campanilismi che hanno impedito all’ente progettato di costituire perfino i propri organi.
La prima ritardata crepa politica si è avuta in Regione, dove la consigliera del PD Marcella Zappaterra, ferrarese, ha presentato la settimana scorsa un’interrogazione al presidente Bonaccini, chiedendogli se intende sospendere l’accorpamento tra le Camere di Commercio di Ferrara e di Ravenna, in attesa di verificare se siano previste modifiche alla legge nazionale di riordino del settore e dell’esito incombente di vari ricorsi giudiziari contro l’accorpamento di svariate Camere di Commercio, rispetto al quale la consigliera si è spinta ad affermare come quello stesso tra Ferrara e Ravenna sia contro legge.
Nel PD le mosse dei suoi singoli esponenti non avvengono mai per caso. Ed ecco che i due presidenti PD delle Province in questione, Paron e De Pascale, raccogliendo l’assist della compagna, hanno scagliato la palla dall’altra parte del campo (si vedrà se in porta o in tribuna), chiedendo al Governo il mantenimento delle due Camere di Commercio originarie: cioè, alla faccia di ogni riforma, il ritorno all’antico.
Confindustria Romagna ha plaudito a questa iniziativa, ricordando però di avere sempre sostenuto come la fusione Ravenna/Ferrara sia “una fusione forzata e innaturale, contraria alla conformazione economica, politica e sociale dei due territori, che possono collaborare a progetti comuni mantenendo la propria indipendenza”, e contrastante “peraltro con la fisiologia della Romagna unita, che l’Associazione sostiene e promuove anche attraverso la proposta della creazione di una Fondazione per la città Romagna”.
Sembra a Lista per Ravenna che questa motivazione giustifichi una Camera di Commercio unica della Romagna, piuttosto che tre Camere di campanile, una per provincia.
Ci sarà tempo per capire come andrà a finire, anche perché tra un anno il governo della Regione potrebbe passare in altre mani. Ma la sostanza dei movimenti politici interni al PD giustifica la previsione di Lista per Ravenna: il matrimonio camerale tra Ravenna e Ferrara fallisce prima di cominciare.
Ci contentiamo, al momento, di essere stati premonitori politici ragionevoli, i soli a Ravenna, della sua “innaturalezza”.
Gianfranco Spadoni
(Lista per Ravenna)