Un padre e un figlio nella bufera della guerra

13a puntata 

di Giacomo Casadio



Il 10 Giugno 1942, davanti al notaio Lorenzo Ricci Curbastro, viene letto il testamento di Santa Luigia Pilani, redatto su mezzo foglio di carta bianca rigata:
Lo scritto di apparente unica mano occupa una sola facciata per linee sette.


Il tenore della scheda testamentaria è il seguente:

“Nomino erede di tutti i miei beni a mio marito usufruttuario Celso Casadio, il capitale a mio figlio Luigi Casadio. Se mio Marito lo chrederà alla..”

Il valore dei beni relitti della defunta è per la disponibile di circa lire ottomila.

Cosa volesse dire Santa Luigia nell’ultima frase rimane un mistero. Poteva essere una donazione a Bruna, se Celso avesse voluto?

Anche in India, al nuovo campo di prigionia n°3, wing n°2, arriva la tragica notizia della morte della madre Gigina. Luigi risponde il 16 novembre 1942:

“Miei cari Genitori or sono ho ricevuto una lettera del papà in data 14 Giugno, dove mi si parla dei particolari della disgrazia di casa nostra, ho sofferto molto in principio poi ho cominciato a formarmi una ragione e non potendo far niente contro il crudele destino che ha voluto privarmi così prematuramente del bene della mia mamma, mi sono alquanto rassegnato, così che la mia vita di già alquanto dura è ritornata semi normale in questo nuovo campo di concentramento, dove ho trovato molti del mio battaglione. In quanto al testamento della mamma per me non so come prenderla, vol dire però che se avete fatto così per mè va bene, come pure se aveste fatto in altro modo per mè è indifferente, contenti voi, contento anch’io.

…Adesso che siete rimasti soli mi sento in dovere di farvi una piccola osservazione, cercate sempre d’andare d’accordo e sappiatevi comprendere a vicenda, non mi dilungo troppo su questo particolare, perché, tu papà sai molto bene che io ho sempre cercato la pace in famiglia che per me è quella che apprezzo più di qualsiasi altra cosa. Baci infiniti, vostro Gigetto.”

Ho ritrovato un foglietto spiegazzato datato 13 maggio 1943 sul quale Celso ha scarabocchiato velocemente e con ansia, visti gli errori:

Oggi la radio à data notizia di funebre evento. L’ultimo lembo dell’Africa nostra è sfuggito al nostro imperio all’imperio di Roma. La vedovanza della stirpe era una inattendibile fato.

La mancanza di uomini, di mezzi e soprattutto di rifornimenti segnarono la sorte delle forze operanti in Africa. L’Afrikakorps tedesco e le truppe italiane si arresero agli Alleati lasciando sul campo oltre 275.000 prigionieri.

Da quel momento gli eserciti italo-tedeschi sparirono dalle zone di guerra africane.

Il 24 e il 25 luglio 1943 la posta di guerra recapita due cartoline, nella prima delle quali Luigi chiede al padre di parlare un po’ di lui e delle sue intenzioni per l’avvenire

“Caro papà – con fiduciosa attesa attendo un tuo scritto che mi parli un po’ di quel che succede nella nostra Lugo, inoltre desidero che mi parli un po di tè e delle tue intenzioni per l’avvenire riguardo alla nostra famiglia perché le chiacchiere purtroppo arrivano anche fin quà mediante vie traverse e perciò non credo intanto che non ho avuto una tua conferma. Con affetto ti abbraccio Gigetto.

Nella seconda cartolina postale scrive Gigetto dal campo n°3/5:

Papà. Da tempo, indefinito quasi, non ricevo più, ciò non deve darti motivo di pensare che io soffra troppo a tal riguardo, ciò sarebbe alquanto puerile, perché in me sussiste tuttora e continuerà, una fede, una e unica verso la mia adorata patria che ospita pure la mia famiglia perciò per esser sincero le altre cose passano in secondo luogo.”

A questo punto è necessario chiarire alcune cose che condizioneranno la stessa vita del giovane Gigetto nel prosieguo delle vicende che lo coinvolgono.

L’esito della guerra stava volgendo in favore degli Alleati e Luigi potrebbe aver saputo qualcosa dai giornali inglesi circolanti nel campo di prigionia a proposito della caduta del Fascismo e dell’arresto di Mussolini. Quindi gli eventi di guerra erano sicuramente noti ai prigionieri italiani, che dopo l’8 settembre si sarebbero divisi fra sostenitori della Repubblica di Salò e fedeli alla monarchia e al governo Badoglio.

La fede a cui fa riferimento Gigetto è quella ideale nel Fascismo, della cui brutalità non ha mai saputo nulla perché deviato dalla propaganda e perché assente da anni dalla sua città, nella quale succedono drammatiche cose che il padre riporterà con timore e disperazione nel suo diario.

Nella primavera del 1944 Celso aveva cominciato a scrivere un diario quotidiano sulle vicende belliche a Lugo e dintorni fino al 12 Aprile 1945 (Lugo sarà liberata il 10). Lui, allora sessantaduenne, per garantirsi la trascrizione degli eventi lughesi tramandati di bocca in bocca, data la carenza di mezzi di comunicazione, usava tutto quello che poteva capitargli sotto mano, matite copiative, penne stilografiche, matite colorate, su carta di brogliaccio, di quaderno scolastico, volantini, cartoline, su pagine deturpate anche da bruciature e strappi. Lì dentro ci sono tutti i tragici avvenimenti che hanno attraversato la storia lughese nei mesi che precedettero la liberazione seppur in una forma spesso sgrammaticata, i salti temporali e i molti errori di trascrizione con cui Celso raccontò la sua vita di recluso nella grande casa di Corso Mazzini, con l’emotività e l’immediatezza di chi cerca di esprimere le affannate sensazioni di quei drammatici momenti.

La seconda questione lo riguarda direttamente perché coinvolge sua moglie Bruna. L’espressione usata da Gigetto “le altre cose” si riferisce alla difficile situazione familiare che in questo drammatico contesto ha una rilevanza minore: prima la Patria, poi la moglie. La richiesta al padre di fargli capire bene le sue intenzioni sulla famiglia riguardano chiaramente Bruna e i suoi comportamenti.

Evidentemente il vento della calunnia soffiava anche nei campi di prigionia a migliaia di chilometri di distanza.

Il 12 settembre 1943 nella solita breve cartolina Luigi scrive:

“Caro papà. In questo momento alquanto nebuloso il silenzio e la fiducia nell’avvenire è il miglior antidoto per lo spirito e per il corpo. Tanti saluti affettuosi dal tuo figliolo tanto lontano ma sempre vicino a tè ed a nostra Madre. Tuo Gigetto”.

La madre morta è sempre nei pensieri di Luigi che addirittura usa la maiuscola per lei.

Il fascismo ha ripreso il suo percorso con la Repubblica di Salò sotto l’ala feroce del nazismo. Si sta aprendo la fase più sanguinaria dell’intera guerra, ma i prigionieri lontani non se ne rendono conto.

Ad un anno di distanza, il 20 settembre ’44, dal campo 26/1-B, Luigi scrive al padre:

“Caro papà Finalmente, alla distanza del maggio dello scorso anno, ieri ho ricevuto la tua quanto mai gradita lettera del 24 Aprile del corrente anno che mi ha in qualche modo reso tranquillo circa la tua salute ma però la tua non mi accenna per nulla della Bruna ciò non è affatto bello in quanto che anche da lei non ricevo più dalla tua penultima, voglio sperare però che anche lei stia bene di salute almeno.

Agli avvenimenti che tu accennavi nella tua io ne ero già al corrente meno che a quelli cittadini i quali mi hanno lasciato un po’ perplesso conoscendo individualmente i tre infelici caduti vittima cosi ignomignosamente del loro dovere e non inutilmente perché le loro vite verranno riscattate e spero che questo si verifichi fra breve perché la giustizia marcia con noi fianco a fianco. Perdura nella tua strada serenamente, saluti cari alla Bruna ed a quelli di casa, con affetto sincero ti abbraccio Gigetto”.

Gli avvenimenti di cui parla Gigetto sono riportati nel diario di Celso alla data 8 settembre 1944 e si riferiscono all’uccisione di tre fascisti da parte dei partigiani. Più che la giustizia è il tragico destino che marcia a fianco del fascismo e di Luigi.

Manca poco alla fine della sua prigionia in India, ma non per tornare a casa come quasi tutti i prigionieri di guerra.

L’ultimo messaggio di Gigetto è del 22 novembre 1944, proveniente dall’Apostolic Delegation, 17 Palace Road, Bangalore, India, ed indirizzato a Bruna:

Mia salute buonissima. Preoccupato per tua salute perché 18 mesi mancante tue notizie. Spero bene, coraggio sempre tutto andrà bene.

Baci cari tuo Gigetto

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