Ping pong e cappelletti
di Paolo Caroli
Tempi duri anche per i pongisti del’ACLI LUGO piccoli e grandi, causa il famigerato
coronavirus.
La palestra è chiusa, desolatamente vuota e muta, i tavoli smontati sono
nello sgabuzzino, il suono della pallina che rimbalza e vola è un ricordo
sfuocato.
Nell’aria si percepisce l’assenza di qualcosa di familiare e che
latita: sono le voci allegre dei ragazzini della scuola diretta da Catalin Picu.
La cosa triste è che non si risolverà in tempi brevi.
Ricevo un messaggio in whatsApp di Michele, 15 anni compiuti a gennaio, uno dei più
promettenti.
Mi scrive che per ammazzare il tempo in mancanza degli allenamenti
ha imparato a tirare la pasta sfoglia e ha fatto i suoi primi cappelletti, “te li porto?”
Certamente gli rispondo e ci diamo appuntamento al cortile della palestra.
Arriva da Sant’Agata col suo cinquantino. Fin qui nulla di strano ma si muove
anche col brutto tempo, col freddo e con la pioggia, stoico gladiatore delle due ruote,
altra grande passione dopo il ping pong.
Per quanto serio e concentratissimo quando gioca, per quanto è solare fuori dal campo
col sorriso aperto a portata di mano.
Li ho mangiati in brodo i suoi cappelletti.
Gli do 8 come voto, come incentivo a migliorarsi: la pasta è tirata molto bene, qualche
cappelletto si è aperto nella bollitura e il ripieno è da aumentare un po’.
E cosi dopo il motore e il ping pong ora in questi tempi, perché no
tirare di cappelletti?
Esiste ancora la meglio gioventù, Michele è un esempio da imitare.
Alla prossima mangiata.
Paolo Caroli