La classe media di provincia, il serbatoio culturale del populismo

Di Tiziano Conti

Un personaggio che viene menzionato raramente nel dibattito politico contemporaneo, come lo ha descritto di recente il Financial Times.

Vive in periferia o in un piccolo centro abitato. Non è nato tra i privilegi, ma ha dovuto farsi strada da solo. 

Oggi ha una casa di proprietà e guadagna uno stipendio sopra la media. Diffida delle élite metropolitane con un accento snob e una vita facile ereditata dai genitori. In poche parole, è un appartenente alla classe media. 

Lo si può trovare ovunque nel mondo occidentale: in New Jersey e a Long Island negli Stati Uniti, nel sud-est inglese, nell’hinterland lombardo e nelle periferie silenziose di Rotterdam. 

 Nella maggior parte dei paesi sviluppati, il populismo non è tanto una rivolta della classe sociale più fragile, quanto una guerra civile della classe media. Il populista benestante è la forza più potente dietro Trump, la Brexit e l’ascesa della Lega. 

Tuttavia, questo personaggio viene spesso ignorato dal dibattito sul populismo, che ruota attorno a un profilo molto diverso: l’ex operaio impoverito. Gli esperti da anni analizzano le ragioni per cui la povera Sunderland ha votato per la Brexit (e fatto vincere Boris Johnson alle ultime elezioni inglesi), ma raramente spiegano perché la ricca Bournemouth ha fatto la stessa scelta. Uno studio sui risultati del referendum sulla Brexit rileva che gli ‘euroscettici benestanti’ sono stati il segmento dell’elettorato meno esposto ai problemi finanziari e più contrario alle politiche di welfare.


Perché le persone benestanti decidono di votare contro il sistema?

Le statistiche rivelano il legame stretto tra la classe media e il populismo. Circa due terzi dei sostenitori di Trump nel 2016 percepivano uno stipendio sopra i 50 mila dollari all’anno (al tempo era il salario medio in America).

La maggior parte degli elettori che hanno fatto vincere la Brexit abitavano nel sud dell’Inghilterra, e il 59 per cento apparteneva alla classe media. Immaginiamo uno di questi elettori: un piccolo imprenditore o un commercialista in Gran Bretagna, non a Londra, che guadagna 60 mila sterline all’anno. 

L’elettore tipo non gradisce le quote per le donne e le persone di colore, e nemmeno le tasse alte. L’ascesa di quest’uomo è stata lenta. Non è mai stato invitato nella corsia preferenziale della vita: le università migliori, le aziende più grandi. Crede che la sua esclusione sia stata ingiusta, che la cosiddetta meritocrazia sia una truffa. I professori delle metropoli, i giornalisti e i burocrati con grandi studi alle spalle gli sembrano il vero nemico.

Circa due terzi dei sostenitori di Thierry Baudet, esponente dell’estrema destra olandese, sono mediamente o altamente istruiti. Anche il partito Diritto e Giustizia in Polonia ha sostituito giornalisti, giudici, diplomatici, burocrati e dirigenti di stato con gli uomini vicini alla propria struttura. 

L’Amministrazione Trump si comporta in modo simile. La vendetta è uno dei punti chiave del populismo. La maggior parte dei giornalisti e accademici sottovalutano tutt’ora la classe media di provincia, l’immagine socialista-realista dell’operaio licenziato resta più convincente.

Ma la “classe media di provincia” può consolarsi: è stata lei a segnare questo nuovo approccio al sociale.

Tiziano Conti

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