Di Tiziano Conti
È stato un grande
giornalista, di quelli che per dire cose importanti non alzano né il
tono della voce né il dito accusatore. Gli bastava usare la ragione.
A lui si devono due meravigliosi programmi televisivi: “Nascita di
una dittatura” e “La notte della Repubblica”. Le
interviste di Zavoli ai protagonisti di quei momenti così importanti
nella vita del nostro paese, restano ancora una prima miliare per
capire questi due drammatici momenti storici che ha vissuto l’Italia.
Nella grande inchiesta
sul terrorismo degli anni settanta Zavoli metteva i protagonisti in
una location quasi teatrale: il buio nello studio, la luce solo
sull’intervistato, che improvvisamente si trovava al cospetto di se
stesso e della sua vicenda umana. Uno degli autori della strage di
Via Fani, dove venne rapito Aldo Moro e uccisi i cinque agenti di
scorta, chiese di fermare le riprese per il dolore nel rivivere quei
momenti. Quella voce, quel buio, quella solitudine rendevano ogni
testimonianza una confessione. E nell’indagine sul fascismo Zavoli
ci aiutò a comprendere con chiarezza cosa successe allora,
lasciandoci un documento che ancora emoziona e colpisce.
Aveva iniziato la sua
carriera alla RAI perché un funzionario, di passaggio a Rimini,
aveva sentito il suo racconto di una partita di calcio dagli
amplificatori installati sulla piazza, a favore di chi non era potuto
andare allo stadio. Eravamo nel primo dopoguerra e l’Italia
ritrovava la normalità del vivere cancellata da una guerra che aveva
lasciato morte, ferite nell’anima, ma anche coraggio di ripartire.
Quel funzionario rimase colpito dalla proprietà di linguaggio di
quel ragazzo che sapeva appassionare chi lo ascoltava.
Cominciò così la sua
storia, che finirà con l’identificarsi con quella azienda, la RAI
di cui è stato anche Presidente e che ha portato sempre nel cuore,
nonostante le molte amarezze vissute al suo interno.
I primi ricordi che ho di
Sergio Zavoli sono legati al “Processo alla tappa”, quando il
Giro d’Italia era fatica, sudore e lacrime.
Lui ci aiutò a sentirlo
come una grande epica del popolo italiano che voleva ripartire sui
valori dell’impegno, della passione e sulla ricerca di un domani
migliore per tutti: era una trasmissione sullo sport, ma soprattutto
una scuola di vita.
Zavoli
ebbe intorno a sé una generazione di giovani giornalisti: uno di
questi è un barbianese, Nevio Casadio, con cui abbiamo condiviso
l’infanzia (abitava di fronte a casa mia), che poi dopo la
collaborazione con Zavoli ha spiccato il volo in questo appassionante
mestiere. Coloro che hanno lavorato sotto la sua direzione o hanno
apprezzato il suo stile sobrio, immagino si sentano tutti un poco
orfani della sua grazia, della sua passione e della profonda capacità
di andare al cuore delle questioni.
Ora Sergio Zavoli tornerà
a Rimini, accanto a Federico Fellini con cui ebbe un rapporto
speciale, unico.
Lo ricorda il sindaco di
Rimini, Andrea Gnassi. Il grande giornalista “lo aveva scritto
tanti anni fa. E lo ha fatto. Ci ha chiesto di potere riposare per
sempre accanto all’amico Federico. Per proseguire insieme il viaggio.
Per ridere, scherzare. Per raccontare”.
Tiziano Conti