Riceviamo e pubblichiamo
Facendo seguito alla comunicazione pervenuta da Confartigianato avente come oggetto “Contrarietà per la scelta di appellarsi per una sentenza della Commissione Tributaria Provinciale”, si precisa quanto segue.
La decisione della Commissione Tributaria Provinciale, costituisce solo il primo di tre gradi di giudizio. Peraltro, si tratta della prima sentenza sfavorevole, pronunciata dalla Commissione Tributaria di Ravenna, nei confronti di un Comune dell’Unione della Bassa Romagna, in materia di tassa sui rifiuti (TARI). Ciò a dimostrazione che la linea assunta dal competente ufficio dell’Unione è conforme al dettato normativo e assicura una corretta applicazione delle disposizioni vigenti, a garanzia di una gestione trasparente, nell’ottica dell’equità dell’agire in sede di controllo.
Pertanto, stante le considerazioni esposte, la valutazione circa l’opportunità di appellarsi alla sentenza in commento, trae origine da un apprezzamento dell’ufficio deputato alle verifiche fiscali, anche in ragione della responsabilità a carico all’ufficio medesimo.
A tal proposito si rammenta che in ambito TARI, la normativa di riferimento, ovvero la Legge n. 147/2013, all’art. 1, comma 692, dispone che il Comune designi il funzionario responsabile “a cui sono attribuiti tutti i poteri per l’esercizio di ogni attività organizzativa e gestionale, compreso quello di sottoscrivere i provvedimenti afferenti a tali attività, nonché la rappresentanza in giudizio per le controversie relative al tributo stesso”.
La gestione delle entrate locali, peraltro, deve essere improntata ai principi di imparzialità e trasparenza dell’agire della pubblica amministrazione, sanciti dall’art. 97 della Costituzione. In conformità a tali precetti l’ente locale è tenuto a procedere nell’interesse generale e non del singolo, dovendo provvedere alla cura concreta degli interessi pubblici della collettività, predeterminati dalla legge ed affidati ad apparati della stessa PA.
Gli enti locali, dunque, sono tenuti al rispetto dei contenuti e dei confini fissati dalla legge medesima e dai principi dell’ordinamento (principio di legalità), nonché dei criteri di adeguatezza, convenienza ed opportunità (merito amministrativo), improntando la gestione delle proprie entrate al principio di uguaglianza.
L’ampio potere decisionale attribuito a chi gestisce “tecnicamente” le entrate locali, pone in evidenza la necessità che tali scelte siano scevre da considerazioni di ordine politico, quando queste ultime non consentono di rispettare le disposizioni di natura tributaria. Decisioni in contrasto con la normativa vigente, oltre a far assumere un comportamento illegittimo all’ente, conduce all’applicazione distorta della legge che porta, inevitabilmente, a favorire alcuni cittadini a discapito di altri.
Le attività poste in essere dagli uffici dell’Unione della Bassa Romagna sono improntate ad una gestione equa e trasparente, aderente alle previsioni dei regolamentari comunali che, in ogni caso, devono essere conformi al dettato normativo nazionale, in ragione del criterio della gerarchia delle fonti del diritto, in base al quale la fonte superiore (normativa nazionale) prevale su quella inferiore (previsione regolamentare).
Peraltro, gli uffici pubblici sono sottoposti al controllo di enti superiori e, in ambito di entrate alle verifiche della Corte dei Conti: i giudici contabili non ammettono che gli uffici comunali si sottraggano alla loro funzione di controllo e l’inerzia dell’ente impositore, difficilmente può trovare giustificazione.
Secondo la magistratura contabile, il “funzionario responsabile” deve percorrere tutte le strade possibili, dalla gestione diretta all’affidamento esterno per promuovere tutte le attività necessarie al controllo, nel rispetto delle norme di anticorruzione, posto che la gestione dei tributi rientra tra le attività a rischio del Piano Nazionale Anticorruzione. Ne discende che colui che avrebbe dovuto accertare e riscuotere, ma omette di farlo, provoca un danno erariale nei confronti di tutta la collettività.