Di Tiziano Conti
In casa Trump non
riescono ancora a darsi ragione sul risultato delle elezioni.
Nemmeno nelle ultime ore Trump ha abbandonato la linea politica del
suo mandato, portando al massimo dello stress il sistema e arrivando
a mettere in discussione le basi su cui si regge la democrazia
americana. In questa incapacità di gestire la sconfitta vi è
certamente un tratto psicologico legato a un profondo narcisismo e a
un’immagine esasperata di sé, ma anche la tattica e la chiave con
cui ha affrontato tutto il suo incarico: il richiamo profondo e
identitario a un’America di cui è stato quasi un leader religioso.
Poi, come affermato dal
segretario di Stato Pompeo, “si stanno preparando per una
transizione light verso un nuovo mandato di… Donald Trump”. Sono
vittime cioè della loro narrazione basata su una realtà parallela e
immaginaria nella quale loro hanno sempre ragione.
Lui
e il suo staff hanno seminato l’allarme per settimane dicendo che
le Poste saranno le responsabili di un sicuro imbroglio. Si va al
voto e non si ottiene il risultato preventivato. Già durante lo
scrutinio si afferma che il voto postale è fraudolento, parlando di
“centinaia di casi”, ma senza citarne nemmeno uno. Si rifiuta il
riconoscimento al vincitore. Addirittura un governatore annuncia una
taglia di 1 milione di dollari per chi fornirà prove di brogli, e
nessuno si fa avanti, gli osservatori dell’OCSE (Organizzazione per
la cooperazione e lo sviluppo economico, costituita da 37 Stati di
ogni parte del mondo) certificano la trasparenza dello scrutinio e i
leader europei, la Cina e il Papa si congratulano con Biden. In
aggiunta, con una presa di posizione pubblica e bipartisan, i
responsabili elettorali americani a livello federale, statale e
locale hanno rilasciato una nota in cui affermano che “Le elezioni
appena terminate sono state le più sicure nella storia degli Stati
Uniti”.
E va avanti così. Fatti
alternativi, conseguenze alternative. Esistono due realtà in questo
momento negli Stati Uniti, quella “reale”, che vede la vittoria
del candidato democratico e quella “alternativa”, nella quale ha
vinto Trump: ritenuta vera, secondo un sondaggio, dal 40% degli
elettori repubblicani.
Trump non è un folle
isolato alla Casa Bianca, ma rappresenta milioni di persone che
credono e vivono in quella “realtà alternativa” che è alla fine
dei conti una fuga dalla realtà. Anche perché si rifiuta il
confronto o anche lo scontro con l’avversario, per rifugiarsi in
una realtà costruita secondo la propria volontà e quindi, per
definizione, inattaccabile.
Nel mondo di Trump non si
perde, si è vittima di complotti; le cose non sono complesse, sono
sempre manipolate; non contano i meriti o gli studi, basta l’intuito.
Un mondo nel quale la cura per il Covid (o “China-virus”)
c’è da tempo ma “non vogliono farlo sapere”, dove meglio stare
alla larga dai vaccini, nel quale non fidarsi dallo Stato, ma anzi
armarsi per difendersi; dove il mondo dovrebbe tornare a essere “come
una volta”; dove siamo vittime di un grande complotto che vorrebbe
vederci tutti infelici, meticci e schiavi di un grande puparo, il
cosiddetto (da loro) “Deep State”.
Forse varrebbe la pena
domandarsi perché il mondo di Trump sia così, senza speranza, ma
più inquietante è il fatto che milioni di persone la pensino come
lui, e non solo negli Stati Uniti.
A me hanno sempre
insegnato che dalle sconfitte si impara a crescere.
Se mentre stai perdendo
ad una partita di calcio, prendi il pallone e scappi, resterai sempre
un bambino.
Se invece dai tutto il
meglio di te stesso, puoi uscire a testa alta dal rettangolo di gioco
anche quando sei stato sconfitto, possibilmente avendo intuito dove
devi migliorare per vincere la prossima partita.
Tiziano Conti