Padre Sorge e le ACLI di Lugo

 Prima di
tre testimonianze


Sono state due le
occasioni nelle quali le ACLI di Lugo si sono incontrate con Padre
Bartolomeo Sorge, scomparso nei giorni scorsi a Milano, città nella
quale ha trascorso gli ultimi decenni della sua vita dopo
l’esperienza fondamentale di Palermo, città nella quale,
attraverso la “Civiltà Cattolica”, “La Città per l’Uomo”
e a tutto quanto hanno rappresentato quelle esperienze, egli fu un
faro illuminante nella rinascita spirituale ed economica di quel
territorio.

Due occasioni in cui
si sviluppò una grande “ricchezza” di pensiero e che in molti
ricordiamo con senso di riconoscenza ed ora anche di nostalgia perché
sappiamo che non potremo avere più con noi una persona di grande
spessore spirituale ed etico, ma anche un uomo di comunicazione, un
divulgatore di pensiero che ha saputo suscitare iniziative ovunque si
è trovato ad operare (tralascio dall’elencarle perché chiunque
può trovarle sul web). Per questo voglio riportare la mia esperienza
dell’incontro con lui in tre “puntate”: potrò così esprimere
nel migliore dei modi la tensione morale che è rimasta in me dopo i
nostri incontri.

La prima volta lo
avemmo ospite a Russi nel giugno 2005 per portare la sua
testimonianza nella riunione conclusiva della prima sessione del
“Tavolo dei Cattolici impegnati in Politica e nelle Istituzioni”,
promosso nell’autunno dell’anno precedente dal Circolo ACLI di
Lugo e poi approdato ad una dimensione superiore con l’adesione
allo stesso da parte delle Acli Provinciali di Ravenna, alla cui
presidenza ero stato nominato da qualche mese: attorno al “Tavolo”
sedevano donne e uomini della politica e delle istituzioni,
dell’associazionismo cattolico e non solo.

Padre Sorge sviluppò
un tema allora di grande attualità: quale sarebbe stato lo spazio
che i cattolici impegnati in politica avrebbero potuto e dovuto
occupare nel mutato e più fluido scenario della società che si era
appena lasciata alle spalle la contrapposizione ideologica?
Rifuggendo dalle nostalgie del partito unico che ha rappresentato per
mezzo secolo il nostro mondo, l’indicazione di Padre Sorge si
concentrò piuttosto sulla lettura della nuova realtà e
sull’individuazione di un ruolo originale la cui bussola aveva una
direzione precisa: ricercare il bene comune che non deve essere
identificato con il bene pubblico, ma con l’entità che attribuisce
valore aggiunto alla sommatoria dei beni individuali e collettivi.

Fu una lezione
magistrale, dalla quale partimmo per aprire il “Tavolo” ai
contributi di altre associazioni laiche e cattoliche e con le quali
iniziammo a collaborare nella ricerca di matrici di valutazione che
entravano nel merito di settori di attività e di vita delle persone
e delle aggregazioni che proprio dalle persone traggono origine e
motivazioni. Un periodo assai fecondo, quello a cui faccio
riferimento, se è vero che il “Tavolo”, dopo le fasi di
approfondimento dei contenuti e delle metodologie, ha portato allo
sviluppo di una modalità operativa nella quale le associazioni del
mondo cattolico della nostra città si sono ritrovate e tuttora si
ritrovano per coordinare ed apportare sinergie al lavoro che ciascuna
di loro, con le proprie peculiarità ed i propri carismi, già
svolgeva a beneficio delle nostre comunità. Gli stimoli ed i
miglioramenti di presenza che ha potuto registrare in questi anni
portano, in filigrana, anche gli insegnamenti di quella sera in cui
la profondità di pensiero si accompagnava ad una grande semplicità
di esposizione.

Il fatto di stare
vicino a lui per tutta la durata dell’incontro provocò in me una
fortissima emozione: padre Sorge era l’uomo che, nella Palermo
insanguinata degli anni ’70 e ’80, aveva avuto la capacità
morale ed organizzativa di rappresentare un punto di riferimento per
la città, per la sua Chiesa e per le sue istituzioni; aveva radunato
attorno a sé ed alla sua proposta un nutrito gruppo di giovani che
avevano l’obiettivo di far crescere quella comunità con esperienze
innovative, fuori dagli schemi e dagli schieramenti di quegli anni,
con la convinzione che il cambiamento in un contesto tanto ostile
avrebbe comportato non pochi rischi. ma che andava ugualmente
perseguito ad ogni costo.

Tutti, in sala,
seguivano con interesse ed in un insolito silenzio. Seguì il
dibattito nel quale gli amici presenti, trascurando le vicende
siciliane, ossia il passato, si orientarono al futuro ed alla volontà
di trovare soluzioni di bene comune per la politica nella quale tutti
ci riconoscevamo: tutto questo mi ricordò tanto il progetto “Città
per l’Uomo” al quale anche il nostro relatore aveva partecipato e
che vide ben presto il suo primo “morto ammazzato”, il Presidente
della Regione Sicilia Pier Santi Mattarella.

Raffaele Clò

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