Realizzata da Fabrizio Dusi
Continuerà
a risplendere fino al prossimo gennaio sulla facciata del palazzo del
Municipio, in piazza della Libertà a Bagnacavallo, la scritta
al neon lunga 20 metri Insieme
al mondo piangere, ridere, vivere.
L’opera è stata realizzata da
Fabrizio
Dusi
in occasione della sua mostra personale, a cura di Chiara
Gatti e
Diego Galizzi,
ospitata negli spazi del Museo Civico delle Cappuccine fino
ai primi giorni di novembre.
«Insieme
al mondo piangere, ridere, vivere» sono parole, tratte da una poesia
di Rosita Vicari (curiosamente attribuita per molto tempo a Pablo
Neruda), che toccano argomenti di grande attualità, come il
distanziamento e, viceversa, il desiderio di tornare a
riabbracciarci.
L’opera
vuole essere infatti un invito ad affrontare questo nostro tempo
resistendo alla tentazione della diffidenza reciproca, del pensiero
divisivo. E un invito a prendersi cura, vicendevolmente, oltre le
barriere, le chiusure e le distanze.
«La
grande installazione luminosa di Dusi – commenta l’assessore alla
Cultura Monica Poletti – rappresenta un messaggio forte che
vogliamo rivolgere ai cittadini attraverso l’arte contemporanea.
Nei momenti di difficoltà sono necessari coesione, spirito di
solidarietà, volontà di comunicare e comprendersi anche oltre le
barriere e le chiusure. Si tratta di un’opera d’arte pubblica che
testimonia perfettamente questo periodo storico.»
«Quando
mi fu chiesto di realizzare qualcosa che riassumesse lo stato d’animo
vissuto da tutti durante il lockdown
e la voglia di tornare alla normalità – spiega Fabrizio
Dusi
-, ho pensato ad una poesia. Nelle parole di Rosita Vicari ho trovato
il perfetto riassunto di tutte le emozioni che abbiamo vissuto e,
purtroppo, stiamo vivendo ancora in questo periodo.»
La
mostra di Fabrizio Dusi, ospitata al Museo Civico delle Cappuccine
dal 20 settembre fino al 5 novembre scorso, rifletteva su temi come
distanze
e solidarietà, barriere e contatti mancati, solitudine e sostegno
reciproco. Il
percorso al Museo Civico delle Cappuccine partiva dal celebre ciclo
di Dusi Bla
Bla Bla
in ceramica smaltata, personaggi dai profili pop circondati da
bollicine di parole vacue.
Altri neon (fra cui una grande sagoma
luminosa dell’Italia) realizzati ad hoc per la mostra, dedicati in
questo caso alle geografie toccate dal virus e allontanate fra loro
da una politica di frontiere chiuse, si alternavano a una sequenza di
dipinti su coperte isotermiche (allusione al tema degli esuli e dei
migranti), con le regioni italiane unite da una sorte globale, pur
nel dramma dell’isolamento.
Nelle sale del museo si incontravano
poi un omaggio alla figura di San Michele Arcangelo con un dipinto di
grandi dimensioni sempre su coperte isotermiche, e una parete intera,
rivestita dello stesso materiale, dipinta in loco con l’iconografia
di Adamo ed Eva sotto l’Albero della Vita.
Il
progetto,
a cura di Diego Galizzi e Chiara Gatti, ha inteso
riportare l’arte
alla sua originaria funzione sociale e pedagogica,
riflesso di un pensiero condiviso, fonte di stimoli, domande,
riflessioni universali e come messaggio e militanza.
Artista,
pittore e ceramista, che spazia da anni fra vari linguaggi, dalla
scultura alle installazioni al neon, Dusi (Sondrio, 1974) lavora da
anni su temi legati alla storia
collettiva e alla contingenza,
dalla Shoah
ai migranti, toccando sfumature
esistenziali
affidate ai versi di grandi
scrittori del Novecento,
come Vittorio Sereni, Antonia Pozzi, Primo Levi, e anche ai racconti
di Liliana Segre.