La notte più lunga dell’anno, stanotte
La notte più lunga che ci sia, il giorno più corto che ci sia, eccetera.
Con lo sfalsamento calendariale che si registrava prima della riforma gregoriana, spiegano Eraldo Baldini e Giuseppe Bellosi nel Libro Calendario e tradizioni di Romagna, il solstizio invernale era anticipato e nel XIV cadeva proprio nel giorno di santa Lucia. E’ così da attribuire a questo periodo l’origine dei proverbi che sottolineano la scarsità di luce di questa giornata.
Sono veramente tanti gli autori romagnoli che ce li propongono, Spallicci, Nardi, Pratella, Quondamatteo, Ercolani, Muratori, Foschi, Tonelli, per citarne alcuni. La riforma gregoriana nel 1582 ridatò il solstizio d’inverno al 21 dicembre, ma è restata intatta fino ai giorni nostri, specialmente nei meno giovani, questa convinzione popolare della massima brevità delle ore di luce.
La voglia di misurare portava a calcolare anche la distanza dal 25, Da sènta Lucìa a Nadel u j è trez dè senza cuntei, ci sono tredici giorni senza contarli. Ma c’era anche la voglia di luce: qua e là per la Romagna si sentono ancora proverbi che sottolineano il lentissimo allungarsi del dì, i giorni dopo santa Lucia si allungano quanto un passo di cane, o di bue, secondo i luoghi, oppure una spanna, cioè poco.
La festività nella nostra regione è collegata alla neve, par sènta Lucia, l’imbienca la via.
Le previsioni per Lugo quest’anno non la promettono. Sarà comunque una notte lunga, ovviamente. La tradizione popolare sostiene, così riferisce Ercolani, che il buio durò così tanto che la Santa durante la notte, riuscì a filare, a tessere, a imbiancare la tela e a cucire una camicia.
Nel nord Europa la santa fa le veci di babbo Natale, portando doni ai bambini, che lasciano sul davanzale cibo per lei e carote per il suo asinello; per lei si fanno dei grandi falò, sfilate con fiaccole e candele, suggerendo ogni anno il desiderio della vittoria della luce sulle tenebre, un auspicio che va ben oltre i confini della Romagna.