Il cardinale a scuola in canonica dal parroco
di Tiziano Conti
Il card. Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, ricorda che il suo parroco “aveva aperto la canonica a noi ragazzi poveri per strapparci dalla miseria culturale e farci accedere al sapere. Insegnava quello che sapeva. Era il metodo che definirei induttivo. Era un bravissimo maestro in italiano, latino e francese. M’incantava quando leggeva i Promessi sposi. Le materie scientifiche e matematica venivano un po’ trascurate. Ma soprattutto insegnava con passione e con amore”.
È un ex alunno a raccontare la sua scuola in “stile Barbiana” ideata dal prete. Uno dei molti, moltissimi “altri” don Milani che, senza avere la notorietà acquisita dal sacerdote toscano, hanno formato generazioni di ragazzi fra le mura delle loro case intorno alle chiese nelle periferie dell’Italia. Come don Giovanni Cavini, prete fiorentino, che all’inizio degli anni Cinquanta venne mandato sull’Appennino tosco-romagnolo, a Fantino, nella provincia di Firenze, nelle zone tanto amate dal nostro direttore Arrigo, fra Palazzuolo sul Senio e Marradi. Aveva 25 anni. E lì, mentre frequentava la facoltà di Lettere all’università, iniziò le lezioni per quei ragazzi che, concluse le elementari, non avrebbero potuto proseguire gli studi perché “le medie erano troppo lontane e poi la famiglia non aveva i mezzi”, spiega Gualtiero Bassetti.
Il cardinale, che oggi è arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, è stato uno degli allievi delle scuole in canonica dove il sacerdote “si preoccupava di dare una cultura ai giovani di campagna e di montagna perché fossero pronti, con gli strumenti della cultura e alla luce della fede, ad affrontare la vita e il mondo che stava rapidamente cambiando”, scrive Bassetti nella prefazione al libro Le radici di una vocazione di Quinto Cappelli, giornalista e scrittore che ho avuto il piacere di conoscere ai tempi della mia attività lavorativa.
Don Cavini ricorderà del futuro Cardinale che aveva difficoltà nel tenere a freno la vivacità di Gualtiero, benché ne avesse colto i segni di bontà e intelligenza. Sarà lui a convincere il padre di Bassetti a non farne un meccanico di biciclette dopo la licenza media e a consentirgli di proseguire gli studi nel Seminario del capoluogo toscano.
Un altro sacerdote, don Antonio Tabanelli, con mezzo secolo d’anticipo rispetto a Barbiana, aveva creato all’ombra del campanile di Tredozio, oggi nella provincia di Forlì-Cesena, il suo plesso con una “sola aula per cinque classi” dove “i più grandi insegnavano ai più piccoli”, ricostruisce Cappelli. Il prete romagnolo don Antonio Tabanelli fra i suoi ragazzi annoverò quel don Pietro Poggiolini che avrebbe poi battezzato nel 1942 Gualtiero Bassetti a Popolano di Marradi. Don Poggiolini avrebbe soccorso la sua gente nel passaggio del Fronte; avrebbe sdoganato il poeta “pazzo” di Marradi, Dino Campana; si sarebbe impegnato per i contadini con la Cassa rurale, il consultorio pediatrico, l’asilo, il circolo Acli.
Il libro sarà presentato ufficialmente il 15 marzo. Quinto Cappelli scandaglia la storia di due sacerdoti che, entrando in dialogo anche con don Milani, sono stati guide spirituali ed educatori. Il volume si chiude con la testimonianza di Bassetti sulla sua recente malattia causata dal Covid.
Alla presentazione, che sarà online, interverranno il cardinale, il direttore di Avvenire Marco Tarquinio e l’autore. Modererà Alessandro Rondoni, referente comunicazioni sociali dell’arcidiocesi di Bologna e della Conferenza episcopale dell’Emilia Romagna.
Tiziano Conti