di ANGELO RAVAGLIA
Boris Pahor: la scomparsa del testimone del secolo
A Lugo nel 2010 al Caffè letterario
L’incredibile longevità dello scrittore scomparso Boris Pahor (sloveno d’Italia) fa risaltare la figura dell’ultimo testimone del “secolo breve” e della Mitteleuropa .
Cominciò a sette anni assistendo nel 1920 all’ incendio della casa degli Sloveni a Trieste ad opera dei fascisti che in questa terra hanno dato il peggio di sé (Paolo Rumiz).
Testimone della soppressione della lingua slovena dalle scuole ed istituzioni pubbliche.
Testimone della guerra portata dagli italiani in Libia e testimone attivo nella Resistenza ai Tedeschi che lo deportarono nei lager .
Riuscendo a sopravviverne , si impose il dovere morale della testimonianza, spesso scomoda, come un marchio, aiutato dalla fede cattolica, presente, seppure mai esibita.
Una vocazione letteraria scoperta nell’esperienza dei lager, come Primo Levi, e a cui attinse in tutte le opere profondamente autobiografiche.
Senza sconti per nessuno: né agli italiani per il genocidio culturale della sua comunità e l’invasione della Yugoslavia, fenomeni anticipatori delle foibe, né ai titini per la persecuzione feroce dei dissidenti . Nemico di ogni forma di totalitarismo.
Ho avuto la fortuna di conoscerlo grazie al Caffè letterario di Lugo dove, introdotto da Marco Sangiorgi, presentò nel 2010 il suo ultimo libro “ Tre volte no”. Il giorno dopo tenne una lezione affollatissima per gli studenti al cinema Giardino.
Quest’omino segaligno non si stancava di parlare della sua esperienza nel lager come ne fosse uscito il giorno prima ; sembrava di vedere un ragno che risaliva dal pozzo nero e profondo della peggiore storia europea per offrirne una diretta esperienza. Memorabile.
Riferiva: “Oggi siamo fortunati perché finalmente a Trieste ci chiamano sloveni. Fino a qualche anno fa non si parlava di sloveni, ma di slavi. Ancora oggi qualcuno dice: “voi slavi” L’espressione veniva poi modificata in “ schiavo” e quindi “s’ciavo” che è entrato nell’uso corrente del dialetto.”
Sarebbe stato un grande senatore a vita, un testimone delle ferite storiche ancora da sanare con la Slovenia (come lui denunciava), una testimonianza (ennesima) per la nuova Europa che ripudia i nazionalismi contro cui è nata.
Il Presidente Mattarella rimediò in extremis conferendogli la massima onorificenza di Cavaliere di Gran Croce nel 2020. Del resto era candidato al premio Nobel ed i Francesi gli avevano già concesso la Legion d’onore.
Meglio tardi che mai per il testimone del secolo.
Lugo, 2 giugno 2022 Angelo Ravaglia
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