Flavio Patriarca, 25 anni, è praticante avvocato in uno studio legale: alla festa di laurea all’Università Cattolica c’erano l’assistente sociale e i giudici che lo hanno seguito nella sua adolescenza difficile.
La storia della sua vita in realtà non è una sola ma sono due: una inizia dove finisce l’altra. Quella dell’adolescente che entra al Beccaria perché comincia a commettere reati finché una giudice non firma un ordine di custodia cautelare e lo ferma, e la storia del giovane neolaureato in Giurisprudenza che ha scelto di studiare per diventare avvocato, dopo il passaggio in carcere e in comunità ed è andato spedito fino al giorno del diploma, 21 aprile, all’università Cattolica.
“Sono uscito con 110 e in cinque anni”, dice con orgoglio Flavio Patriarca. Con lui alla cerimonia di conferimento della laurea c’erano coloro che lo hanno traghettato dalla prima alla seconda storia. Claudia Mazzucato, relatrice della sua tesi sulla giustizia riparativa: “L’incontro che mi ha cambiato la vita: con il suo supporto e la sua umanità ha incarnato lo spirito più alto dell’insegnamento” racconta emozionato. Silvia Sacerdote, assistente sociale: “Ha sempre avuto per me le parole giuste”. Rosanna Calzolari, giudice: “La intervistai per la tesina di maturità sulla “messa alla prova” che avevo superato da poco”. Marilena Chessa: “La giudice che mi ha seguito nel programma fino all’estinzione del reato”. E Anna Zappia: “Fu lei a firmare l’ordinanza di custodia cautelare in carcere”.
Era il 2013. Nove anni dopo Flavio Patriarca, che vuole diventare penalista e sogna anche un futuro in politica decide di raccontare tutta la storia: “La conoscono in pochi. Qualcuno mi giudicherà ma voglio dare speranza a chi si trova in situazioni difficili. Si può cambiare: dipende dalle persone che incontri. Tante mi hanno trasmesso fiducia e stima e c’erano tutte il giorno della laurea”. È arrivato il preside del liceo Fermi, Giuseppe d’Arrigo: “Scrisse una bella lettera per farmi uscire dal Beccaria ed entrare in comunità e permettermi di andare a scuola. Tutti insieme abbiamo attuato l’articolo 27 comma 3 della Costituzione sulla funzione rieducativa della pena”.
Il suo percorso, dall’adolescenza nel quartiere Barona, Patriarca lo ha raccontato nelle scuole superiori e ai detenuti di Opera. “Spiego come ci si può perdere e poi ritrovare. Avevo 15 anni, cercavo figure e ambienti che sembravano affascinanti, volevo soldi facili, così sono finito in carcere. Sono ripartito grazie a chi mi ha dato fiducia. Sono cambiato, ho capito che è ingiusto creare sofferenza agli altri”. Poi la scelta di studiare legge. “Al Beccaria e in comunità ho visto giovani con vite rovinate. Ho sentito la responsabilità di provare a cambiare le cose e mi impegnerò per costruire un sistema giuridico migliore”. Dice ancora che il suo messaggio è anche “per chi ha un figlio, o fratello come ero io a quindici anni: la famiglia mi è sempre stata vicina, senza giudicare e senza chiedere. Zia Marcella aveva 90 anni e mi scriveva in carcere, solo parole di conforto e nessuna domanda. Senza loro non sarei arrivato sin qui”.
A volte per vincere occorre arrivare ultimi.
Tiziano Conti
Nella foto: Università Cattolica Milano – Wikipedia