Il Governo che si insedierà dopo il 26 settembre, qualsiasi sia la sua formazione rispetto allo schieramento politico generale, avrà sul tavolo il primo grande obiettivo, dal quale poi ne discenderanno altri, pure essi di notevole rilevanza: mi riferisco alla prosecuzione del P.N.R.R. mediante l’attuazione dei vari progetti che già lo compongono e di quelli che saranno oggetto della sua implementazione. Non ci potrà essere riconversione produttiva che possa avvenire nello spirito del rispetto per l’ambiente, neppure rigenerazione urbana e strategia delle fonti energetiche, poi rinnovo delle reti infrastrutturali per terra, mare e cielo, senza seguire una linea programmatica determinata sulle cose da fare e sui tempi da osservare. Qualche scostamento potrà essere tollerato ma non la sistematica vanificazione della road map che è già stata concordata nei termini generali e che vedrà la disponibilità dei fondi di finanziamento liquidabili solo se tutto il sistema Italia sarà in equilibrio e coerenza.
Il P.N.R.R. ha validità di sei anni ed i relativi interventi si concluderanno nel 2026, con un buon margine di tempo, quindi, affinchè ogni fase venga affrontata con tutti i passaggi che la normativa richiede: la maggior parte dei progetti che sono stati già approvati ha avuto inizio ed è tuttora in corso di realizzazione, trattandosi sempre di materie complesse, che coinvolgono più istituzioni governative, a partire da Bruxelles, fino alle nostre ministeriali. Un aspetto innovativo consiste nel fatto che la progettazione è stata concepita nell’ottica del decentramento, con la partecipazione diretta delle Regioni, poi – a scendere – degli altri enti territoriali. Ciò significa che saranno interessati agli stanziamenti P.N.R.R. non solo le grandi opere di carattere nazionale, riservate per forza di cose al sistema centrale, ma anche altre apparentemente minori ma che possono costituire una intelaiatura a supporto dello sviluppo dei territori: un esempio per tutti è rappresentato dalle “comunità energetiche” che erano state pensate ancora prima della grave crisi che ora ci attanaglia e che costituiranno un vero esempio di “democrazia del fattore energetico”, coinvolgendo porzioni di territorio nella co-gestione della produzione di energia rinnovabile e nella sua gestione a beneficio delle famiglie, delle imprese e delle comunità in genere e, …. non da ultimo, dell’ambiente
Tralasciando aspetti di dettaglio, che possono essere a disposizione di chiunque voglia approfondirli, è importante capire come si sia arrivati a questo progetto, che non ha precedenti per visione strategica, e come il nostro Paese sia stato fra quelli che l’hanno promosso in ambito europeo con maggiore convinzione ed è ora potenzialmente in grado di goderne significativi benefici. Poiché si tratta di un progetto di lungo respiro, occorre confermare la responsabilità per la conduzione dei passi successivi a chi ha dimostrato di crederci fin dall’inizio e che ha sempre avuto una visione europeista del nostro futuro: una grande responsabilità che può meritare solo chi ha le credenziali giuste per godere della nostra fiducia nella ricostruzione del paese su basi ben diverse e più solide di quelle del passato, in ciò coinvolgendo le risorse umane e materiali del Paese che hanno a cuore uno sviluppo inclusivo e sostenibile.
Il P.N.R.R. è un progetto che ha una sua struttura fondamentalmente fiduciaria e il nostro Paese deve evitare con ogni forza che a rappresentarlo sia chi ha sempre osteggiato il disegno europeo nel suo complesso, cogliendo ogni occasione per propugnare idee di isolazionismo sovranistico e ammiccando a chi attua tali politiche anche nell’ambito dell’Unione.
Fiduciaria anche perché in ballo non c’è solo debito, da restituire senza oneri particolarmente gravosi, ma c’è anche un sistema di finanziamenti a fondo perduto che l’Italia è riuscita ad ottenere con un criterio di ripartizione che è stato molto attento al nostro stato di necessità, ma sul quale l’Europa sarà sempre più vigile e determinata nel verificare il senso di responsabilità con il quale tali fondi saranno gestiti.
Occorre essere maturi e diffidare dagli slogan facili che mai costruiscono ma sempre confondono: qual è la “pacchia che deve finire”? Siamo forse stati vessati o tiranneggiati ricavando solo danni e mai vantaggi dalla nostra esperienza europea ormai di sette decenni? Con alti e bassi, con cose buone ed errori, la vicenda europea è quella che possiamo sventolare con maggiore orgoglio e che deve proseguire con massimo vigore, rimuovendo gli ostacoli pretestuosi tirati in ballo da chi non crede in questa istituzione e se ne erge a fautore solo in periodo elettorale. Affidare un piano strategico determinante come il P.N.R.R. a chi non è credibile per storia e idee politiche significherebbe entrare subito in posizione di contrasto, assestando un colpo decisivo alla collaborazione intelligente e costruttiva che è stata un tratto caratteristico della politica italiana in Europa; diamo fiducia, invece, alla nostra visione di Europa e siamo certi che potremo perseguire un’occasione irripetibile per rinnovare e rimodulare il Paese con riforme strutturali che andranno a vantaggio particolarmente delle giovani generazioni, quelle a cui stiamo rischiando – e questa è colpa diffusa – di mortificare la speranza.
Raffaele Clò