“1908-1952. A ricordo di un’impresa di sogno” è la nuova sezione permanente dedicata alla storia del Museo dalla sua fondazione, alla distruzione bellica e alla sua rifondazione, mentre “We Don’t Find The Pieces They Find Themselves” è il progetto dell’artista Salvatore Arancio realizzato su ispirazione della storia del museo.
Passato e presente si intersecano e si richiamano vicendevolmente in un duplice progetto espositivo dedicato alla memoria al Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza.
Il primo è “1908-1952. A ricordo di un’impresa di sogno”: l’allestimento di una nuova sezione permanente del museo, a cura di Valentina Mazzotti, che vuole ripercorrere le vicende che portarono alla fondazione del Museo e al suo rapido sviluppo fino alle drammatiche distruzioni della seconda guerra mondiale e alla rapida ricostruzione postbellica con la riapertura del Museo nel 1952.
L’altro è un’operazione creativa dell’artista contemporaneo Salvatore Arancio che ha tratto ispirazione per la realizzazione della sua mostra “We Don’t Find The Pieces They Find Themselves”, a cura di Irene Biolchini, proprio da questa storia del Museo, dalla sua devastazione bellica e dalla sua ricostruzione soprattutto dall’operazione di restauro delle opere di oltre 300 casse di frammenti recuperati dai bombardamenti aerei del 1944.
Sono proprio i frammenti a guidare il percorso espositivo che racconta la nascita, lo sviluppo e la rinascita del Museo, come il progetto di Salvatore Arancio.
“1908-1952. A ricordo di un’impresa di sogno” apre al pubblico sabato 12 novembre. Sul soppalco, sopra la sale delle ceramiche classiche, attraverso opere restaurate, frammenti di ceramica, materiali di archivio e fotografie, viene ricostruita l’impresa quasi titanica del fondatore e allora direttore del Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza Gaetano Ballardini che, in meno di cinquanta anni, si è trovato a costruire per ben due volte la collezione di un Museo.
Le tappe fondamentali di questa storia sono: la nascita del museo nel 1908, la fondazione della rivista “Faenza” nel 1913 che rappresenta ancora oggi un riferimento per gli studi ceramici, l’istituzione della scuola nel 1916 divenuta poi statale nel 1919, la Mostra permanente della moderna ceramica italiana d’arte nel 1926, l’acquisizione di importanti collezioni come la donazione dei frammenti islamici appartenuti a Fredrik Robert Martin nel 1930, il definitivo impianto della biblioteca e delle fototeca nel 1935 e l’istituzione del concorso nazionale per la ceramica d’arte nel 1938. Un altro passaggio fondamentale della storia del Museo è rappresentato dalla devastazione bellica, soprattutto a seguito del drammatico bombardamento del 13 maggio 1944, a cui è seguita una rapida reazione e ricostruzione. L’eredità del Museo prebellico si perpetua ancora oggi attraverso il recupero di ceramiche dal fondo dei frammenti rinvenuti tra le macerie della guerra, grazie al paziente lavoro del nostro laboratorio di restauro.
“We Don’t Find The Pieces They Find Themselves” (Non troviamo i pezzi che trovano loro stessi) che inaugura il 12 novembre, alle 12, nella Project Room e nella Sala delle ceramiche faentine, per rimanere allestita fino all’8 gennaio 2023, vuole affrontare i temi legati alla fragilità e alla memoria, narrando allo stesso tempo come l’eccellenza e il “know how” italiano venga utilizzato per riordinare il caos, dando una seconda vita a opere che altrimenti sarebbero per sempre perdute o rinchiuse nei depositi. Un lavoro corale in cui le singole parti si ascoltano e incontrano.
La mostra è composta da diversi elementi creati usando il linguaggio del video e della scultura, sviluppati durante differenti fasi di ricerca e produzione.
MIC – Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza, viale Baccarini 19. Aperto dal martedì al venerdì dalle 10 alle 14, sabato, domenica e festivi 10-18. Chiuso i lunedì non festivi, il 25 dicembre, 1 gennaio e 1 maggio.
Info: 0546697311, info@micfaenza.org, www.micfaenza.org