Francesco Baracca, come si dice oggi, è uno dei brand più importanti di Lugo.
Ritorna, per l’editore Mursia, “Memoria di guerra” (202 pagine, 18,00 euro) un libro contenente il diario e le lettere dell’asso dell’aviazione, nello stile asciutto, franco, elegante del pilota lughese e con i commenti, in stile coi tempi di allora, del giornalista e scrittore Pietro Caporilli, che lo pubblicò nel Ventennio.
Un documento d’epoca unico, preciso, interessante sotto tanti aspetti; Francesco Baracca descrive con legittimo orgoglio i suoi successi, esprime sentimenti patriottici, manifesta la frenesia di entrare in azione fin dalla guerra di Libia. Non nasconde, peraltro, i limiti tecnici dei velivoli e i difetti degli strumenti di offesa, che gli impedirono a lungo di conseguire vittorie. Inceppamenti delle mitragliatrici montate a bordo dei suoi aerei da caccia (“due, tre colpi, poi si incanta”, scrive), gli sottrassero possibili abbattimenti diverse volte.
Francesco Baracca (Lugo 1888 – Nervesa 1918), scelse la vita militare, entrando nell’Accademia di Modena dopo gli studi in Romagna e a Firenze. Uscito con i gradi di sottotenente, fu assegnato nel 1910 al prestigioso Reggimento di Cavalleria Piemonte Reale. Prima missione di guerra il 25 agosto 1915, ma in quei mesi gli scontri con i velivoli nemici erano rari e le armi spesso difettose.
Prima vittoria il 7 aprile 1916, anche la prima in assoluto dell’aviazione italiana: un ricognitore armato austriaco Brandenburg, l’equipaggio salvo, ma prigioniero. Baracca incontrò uno dei due aviatori nemici, rivolgendogli parole di conforto.
Ebbe sempre un rispetto cavalleresco per l’avversario sconfitto offrendogli piccoli doni o depositando una corona di fiori sulla tomba.
Il 15 giugno 1918, l’aviazione italiana è impegnata a sostenere lo sforzo estremo dell’esercito, che si oppone (e avrà successo) all’ultima violenta offensiva contro le linee del Grappa-Montello-Piave. Quel giorno stesso, Baracca coglie le ultime vittorie, abbattendo due ricognitori a Saletto e a San Biagio, lungo il fiume.
A quattro giorni dall’avvio, la forte spinta austroungarica sta per essere ribaltata. La 91a Squadriglia è impegnata in voli continui per cacciare il nemico dai cieli e appoggiare la fanteria, mitragliando trinceramenti e postazioni di artiglieria avversarie.
Alle 18, l’asso degli assi e i suoi si alzano in volo per la quarta volta. Sul Montello s’abbassa a 150 metri, a un tratto s’impenna, rosseggia, avvampa, precipita come una meteora. Con uno schianto rapido si sfascia sul terreno del combattimento.
Da poche centinaia di metri, i fanti italiani vedono il rogo, ma non possono raggiungerlo, i nemici spazzano il terreno con le mitragliatrici. Solo cinque giorni dopo, i tenenti Ranza, Osnaghi e il giornalista Garinei raggiungono la Busa delle Rane. L’aereo è spezzato e bruciato, il corpo del pilota è accanto. La tessera e le carte nel portafoglio sono intatte, a conferma che gli austriaci non si sono avvicinati. Ancora al polso l’orologio vinto nel concorso ippico di Roma del 1911.
L’equipaggio di un biposto austriaco sostenne di averlo abbattuto. Secondo fonti italiane venne colpito da un fante ignoto. Tuttora, le circostanze della fine del miglior pilota da caccia italiano del Primo conflitto mondiale sono ancora incerte.
Un libro che rende omaggio a Francesco Baracca, allo spirito dei tempi, ma anche alla ittà di Lugo che gli diede i natali e lo ricorda con passione e impegno attraverso il Museo a lui dedicato e la promozione di tante attività culturali e storiche.
Tiziano Conti