Morto Jan Jongbloed, il portiere che rivoluzionò il modo di giocare

Aveva 82 anni, il suo nome e l’interpretazione disinvolta del ruolo restano legato alla leggendaria Arancia Meccanica, l’Olanda degli anni ’70.

Non è possibile inserirlo nella lista del primi 10 portieri di ogni tempo. Ma neanche nei 20 o nei 30. Ma di questa graduatoria a Jan Jongbloed, scomparso il 31 agosto scorso, sarebbe importato poco. Mentre giocava al calcio faceva il tabaccaio e metteva il pallone sullo stesso piano della pesca e probabilmente un gradino al di sotto della politica. Perché le sue idee comuniste erano più importanti. Jongbloed però aveva dalla sua una cosa per pochi, aver giocato due finali mondiali in una delle squadre più amate della storia del calcio: la Grande Olanda di Johan Cruyff.

Iniziò la sua carriera nel Door Wilskracht Sterk, massima serie, buon livello, ma al limite del dilettantismo, e quindi la tabaccheria faceva comodo. Esordio in nazionale nel 1962 (a 22 anni), poi Jongbloed continuò a giocare in serie A, ma della nazionale nemmeno l’ombra, fino alla rivoluzione olandese. Il calcio totale, i ruoli interscambiabili, serviva un portiere diverso: uno che si adattasse ai modello di Rinus Michaels, che sapesse giocare con i piedi e soprattutto piacesse a sua maestà Joahn Cruyff.

Jan Jongbloed ricevette la convocazione nell’Olanda per i Mondiali del 1974 mentre stava pescando. Già 34enne, a tutto poteva pensare, tranne di poter tornare in nazionale dodici anni dopo l’unica presenza in campo con gli Orange, segnata oltretutto da quattro gol subiti.

Gli Orange arrivano in finale e persero 2 a 1 contro i padroni di casa, la Germania Ovest.

Il vecchio Jan che oggi piangiamo – si è spento dopo una lunga malattia ad Amsterdam – era in realtà nel calcio del futuro. E divenne protagonista della “Arancia Meccanica“ (come era definita l’Olanda dalla maglia arancione) magnifica e non vincente – difficile definirla perdente, con la bellezza del calcio che ci ha regalato – capace di arrivare per due volte in finale in Coppa del Mondo.

Impossibile non amare quell’atleta con i basettoni che scendeva in campo con il numero 8 (primo portiere titolare a privarsi del numero uno), e che alternava parate senza guanti a suggerimenti millimetrici ai vari Krol, Neeskens e Cruijff. Anche nel 1978 in Argentina, stavolta con Happel in panchina, Jongbloed fu l’eroe sfortunato di un Mondiale deciso dalle circostanze e più probabilmente dalla ragion di Stato.

Sei anni dopo, morì suo figlio, portiere a sua volta, colpito da un fulmine in campo. E l’affetto globale per quel giocatore unico crebbe ulteriormente.

Tra i pali ha messo cuore e fantasia, simbolo di un calcio che pare definitivamente spazzato via dai venti d’Arabia.

Tiziano Conti

Foto Wikipedia – Di Peters, Hans / Anefo – [1] Dutch National Archives, The Hague, Fotocollectie Algemeen Nederlands Persbureau (ANEFO), 1945-1989

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