Emil Zatopek, “la locomotiva umana” e Dana Ingrova, la giavellottista

Poche settimane fa avrebbero compiuto entrambi cento e uno anni. Perché erano nati lo stesso giorno, il 19 settembre del 1922. E nello stesso giorno, il 24 luglio del 1952, vinsero due medaglie d’oro olimpiche a distanza di un’ora l’uno dall’altra. Lui è Emil Zatopek, uno dei grandissimi dell’atletica, forse il più grande fondista di tutti i tempi, e lei sua moglie, la giavellottista Dana Ingrova.

I loro successi e i loro baci, nell’Olimpiade di Helsinki, fanno parte della storia, non solo dello sport. Perché Emil e Dana sono stati dei campioni immersi nell’itinerario del Novecento, ne hanno visto e vissuto in prima persona le speranze e le tragedie da una prima linea della storia: la Cecoslovacchia, stritolata dall’occupazione nazista e poi finita sotto la soffocante cappa della cortina di ferro.

Il primo se n’è andato nel 2000, affaticato da una vita passata tutta di corsa, buttando nelle giornate una miracolosa quantità di energie. Lei ha invece sfiorato il secolo di vita, per lasciarci a fine 2020.

Quel giorno, alle Olimpiadi del 1952, lui vinse ma lei non lo sapeva e un allenatore sovietico le disse: “Che moglie sei per non vedere tuo marito che vince la medaglia d’oro dei 5000?”. “Una che deve prepararsi perché vuole vincere anche lei la sua medaglia d’oro”.

Si erano conosciuti quattro anni prima. Zatopek portò un bouquet alla vincitrice del giavellotto, a Zlin, la città dove Emil aveva scoperto l’atletica (che all’inizio proprio non sopportava!). E poi scoprì queste date di nascita fotocopia. “Pazzesco!”.

Ci fu poi un viaggio in Slovacchia, il pullman che si fermò, le canzoni folk, i balli, Emil che si intrufola dappertutto pur di strappare qualche minuto in più con Dana. Tutto di corsa, tutto veloce. Qualche settimana dopo sono alla loro prima Olimpiade, Londra 1948, lui vince il suo primo oro nella gara dei 10.000, lei arriva settima, ma quello che conta è l’incontrarsi: Zatopek vuole far vedere alla futura moglie il suo oro, arriva di nascosto nel villaggio olimpico femminile, ma la medaglia finisce in piscina, lui per riprenderla si tuffa nudo in acqua e viene scoperto dalla direttrice del collegio, che grida allo scandalo.

Ma nella loro vita ci furono anche tensioni, spie, epurazioni, fino al coraggioso appoggio alla Primavera di Praga, l’esperienza politica che voleva coniugare socialismo e libertà e che finì travolta dai carri armati sovietici nel 1968. Carri armati che Emil sfidò, provando a convincere i soldati russi a parlare, a ripensarci, a farli interrogare all’insegna del “ma che cosa state facendo?”.

Emil e Dana pagarono quel coraggio. Lui finì emarginato, condannato, costretto a ritrattazioni goffe e chiaramente costruite a tavolino e a lavorare in una miniera di uranio. E solo nel 1989, con la rivoluzione di velluto guidata da Vaclav Havel, la Cecoslovacchia chiese loro scusa.

La loro storia sportiva, familiare e sociale merita di essere conosciuta e ricordata.

Tiziano Conti

Foto Wikipedia

Petr Novák – Roger Rössingderivative

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