Un libro sulle colonie- con la testimonianza diretta del prof. Marcello Savini- al Caffè letterario
Valeria Giordani
Ieri sera all’Ala d’oro appuntamento con Il Caffè letterario, e con il tema delle colonie estive per l’infanzia.
Stefano Pivato, autore del libro presentato “Andare per colonie estive” (ed.il Mulino) e introdotto da Paolo Cavassini, raccontava questa istituzione nata all’inizio del 900 con connotazioni salutistiche e assistenziali, assunta poi dal ventennio fascista come punto di un programma che voleva forgiare i nuovi italiani, e sopravvissuta con gestioni assistenziali e religiose fino agli anni ’60 e al grande boom economico che ha diffuso le vacanze di massa. Le colonie marine degli anni ’30 sono sorte prevalentemente sulla riviera adriatica e in Versilia, nel filone di un’architettura razionalista e imponente, con ardito ricorso a elementi navali, e molte -sopravvissute- si impongono per bellezza. I ricordi dell’infanzia in colonia, per molti con la prima esperienza del mare, dividono i milioni di bambini- adulti di oggi- che le frequentarono: per qualcuno esperienza socializzante, di un benessere organizzato per chi non era abituato all’abbondanza di pasti regolari e sport, per altri esperienza di irreggimentazione quasi carceraria, tanto da far nascere nelle famiglie la minaccia ai bambini indisciplinati “…Ti mando in colonia!”
Ha divertito e fatto sorridere lo spaccato evocato da un frequentatore degli ultimi mesi di esistenza della colonia fascista di Marina di Ravenna nell’estate del ’43, appena prima della caduta del fascismo: il prof. Marcello Savini, classe 1935. Il bambino, che brillava nei risultati scolastici, ricevette un premio, uno scatolone che, portato a casa e aperto, provocò il torrente di bestemmie del padre antifascista. Il premio consisteva infatti in una divisa da Balilla, necessaria perchè il piccolo Marcello andasse appunto in colonia. Qui i ricordi vivissimi del professore comprendono la direttrice “popputa e naticuta”, il bagno, la visita del gerarca Carlo Scorza (ultimo segretario del Partito Nazionale Fascista) che impose un rancio in pineta – molto più militaresco e cameratesco (in linea con lo spirito della colonia) al posto del pranzo apparecchiato nelle sale.
Ma l’esperienza fu velata da una malinconica ingenuità del bambino, che ricevette una lettera del padre ricoverato per malaria a Rimini. Il padre gli raccontava come pensasse a lui salendo sulla terrazza dell’ospedale e guardando a nord, nella direzione di Ravenna, vagheggiando così di vederlo. Al che il bambino chiese insistentemente alle educatrici di essere portato sulla terrazza della colonia, dove guardando verso Rimini sperava ugualmente di riuscire a vedere il padre. Cosa che non avvenne, lasciandogli però uno struggente e vivissimo ricordo.
Savini, ascoltata una trasmissione radiofonica (Radio 3 Farenheit) in cui Pivato parlava del libro e delle colonie, telefonò subito all’autore e raccontò i suoi ricordi di colonia. L’autore registrò e aggiunse la testimonianza al suo materiale; ma venendo a Lugo per i Caffè letterario, ha chiesto al prof. Savini di portarla direttamente all’uditorio.
VALERIA GIORDANI