La democrazia è partecipare, non parteggiare

Questa forse la sintesi di uno dei messaggi più belli lanciato dal presidente Mattarella all’apertura della Settimana Sociale dei Cattolici in Italia, svoltasi a Trieste a inizio del mese di luglio. Assieme a quello molto chiaro sul fatto che ci sia bisogno più che di un nuovo partito di un nuovo “spartito”.

La civiltà occidentale è in crisi perché vittima di alcune derive e riduzionismi. Due delle tre parole della Rivoluzione Francese (libertà ed eguaglianza) sono state approfondite dai maggiori filoni di pensiero e di prassi politica, mentre la terza della fraternità, fondamentale per tenere assieme l’equilibrio, è ancora in cerca di una applicazione concreta. E lo si vede chiaramente in una società nella quale l’intelligenza relazionale è merce sempre più rara. Dove sia nelle relazioni interpersonali che in quelle tra gli Stati scarseggia la capacità di creare fiducia, dono e cooperazione che moltiplichi il valore sociale ed economico dei nostri sforzi e ci offra una vita ricca di significato.

Eppure, le frontiere di diversi campi delle scienze sociali (dall’economia, alla psicologia, alla sociologia e al diritto) riconoscono come la capacità di stare in relazione come il contributo più significativo che possiamo dare al progresso civile, al bene comune e alla coesione sociale. Alcune parole chiave come partecipazione, civismo, corpi intermedi, sussidiarietà, cittadinanza attiva sono le basi su cui costruire questo percorso.

E un metodo, quello del dialogo e del buonsenso che è il modo migliore di partecipare e si contrappone a quel parteggiare dove per esigenze di audience ci si chiede solo di schierarci, di esporre bandierine, di sfogare i nostri umori per attirare più attenzione.

Per fare passi avanti dobbiamo partire dai punti di forza che quest’epoca storica ci consegna: le buone pratiche con le quali, terzo settore, imprese sociali, imprese profit responsabili contribuiscono a generare impatto sociale ed ambientale, la visione che ci accomuna attorno all’obiettivo del bene comune, lo sviluppo e l’organizzazione di molte reti del fare e la capacità consolidata di promuovere eventi significativi che lascino una traccia positiva nella società.

Attorno ad uno spartito che è un bene pubblico e quindi non è proprietà di nessuno, ma può essere suonato da tutti. Con l’ambizione che forze politiche vecchie e nuove ed opinione pubblica ne vengano attratte per farci fare passi avanti nella costruzione di una società più giusta, più inclusiva, in cui ci siamo spazio per tutti ed ognuno possa contribuire al benessere generale.

Le buone pratiche sociali ed amministrative, le reti, gli eventi, gli spartiti già esistono, sono a disposizione e sono patrimonio condiviso. E sono le matrici di impegno politico personale e dell’elaborazione continua di idee e di proposte di azione politica dal basso e di legge e riforma politica dall’alto.

Questa pare la strada per un futuro necessario per fare progressi verso l’obiettivo generale, nel nostro paese ma anche nel mondo intero, in un momento in cui sembra che tutto proceda in direzione opposta al “bene comune”.

Tiziano Conti

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