La provincia di Ravenna in deflazione

Riceviamo da Gianfranco Spadoni e pubblichiamo

In dieci città italiane tra cui Ravenna, il fenomeno opposto dell’inflazione ha lasciato il segno.
La deflazione rappresenta un vero e proprio campanello d’allarme per l’economia locale e per quella nazionale. 


Nonostante, quindi, i saldi e il bonus Irpef di ottanta euro mensili, che dovevano rappresentare il volando per tentare di rilanciare i consumi, il risultato pare non aver prodotto gli effetti sperati con una conseguente spinta a rimandare gli acquisti non essenziali nella speranza che i prezzi siano destinati a diminuire. In pratica si può parlare di debolezza della domanda di beni e servizi, vale a dire un vero e proprio freno nella spesa di consumatori e aziende, che, in regime di deflazione sono portati a rinviare gli acquisti non indispensabili, con l’ attesa di vedere nuovi cali dei prezzi. 

Meno famiglie fanno acquisti e più gli operatori economici, e in testa i commercianti, sono spinti ad abbassare ulteriormente i prezzi, con conseguente calo della redditività, aumento della disoccupazione che porta, ancora, ad ulteriore riduzione dei consumi e, quindi, ad un’ inferiore circolazione di denaro.

La provincia di Ravenna sta attraversando uno dei momenti di maggiore criticità dovuti soprattutto ai molteplici fattori legati alla crisi economica e ad altri fenomeni contingenti, che si ripercuotono pesantemente su parte dell’industria, dell’agricoltura e del turismo, senza salvare la rete dei servizi e il commercio. 

Proprio a proposito di quest’ultimo comparto, i saldi, in teoria, dovevano costituire un’ottima occasione per i consumatori, così pure per i piccoli negozi tali vendite con prezzi vantaggiosi potevano rappresentare una boccata di ossigeno visto il consistente e generalizzato calo di consumi. Invece i risultati non sono per nulla lusinghieri e i dati ufficiali lo confermano. 

Oltretutto il dato più preoccupante continua a essere quello della chiusura di numerose attività gravate da un eccesso di tassazione, che unita al calo dei consumi, al persistente diffuso fenomeno di recessione e alla sproporzionata invadenza della grande rete distributiva colpevole di togliere ossigeno vitale alle piccole attività tradizionali, decreta la fine del settore. Il quadro complessivo, dunque, è grave e preoccupante e la ricetta, pertanto, è ineludibile. 

Occorre abbattere la pressione fiscale ormai giunta a record letali, utilizzando le risorse provenienti dal taglio della spesa pubblica improduttiva ancora molto accentuata nonostante alcuni timidi effetti prodotti dalla spending review. 

Parallelamente, poi, serve una vigorosa azione di contrasto dell’evasione e dell’elusione fiscale, fenomeni che non tendono a recedere minimamente, anche se per individuare seriamente i soggetti interessati e in larga parte responsabili, occorre andare ben oltre al settore del commercio.

Questo preoccupante andamento dei prezzi, con una variazione percentuale annua dell’inflazione pari al – 0,1%, rispetto allo stesso periodo di un anno fa che evidenziava un segno di + 0,1%, porta interi comparti economici in deflazione, proprio in questo periodo che l’Italia è tornata in recessione ed è quindi più vulnerabile.

Gianfranco Spadoni
consigliere provinciale Udc

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